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10.04.2019

Psicologia criminale e comprensione dell’uomo

Non è […] possibile, in alcun sistema giuridico, valutare la condotta criminosa come un avvenimento obbiettivo staccato dalla persona del suo autore. […] La funzione del giudicare senza la psicologia non è concepibile.

«Senonché, allo scopo di rendere la valutazione psicologica indipendente dall’attitudine personale del giudice, la psicologia viene […] costretta in formule astratte. Superficiali considerazioni psicologiche, decidono della configurazione del medesimo fatto obbiettivo […]  Poiché un eccessivo indagare dal punto di vista psicologico rende impossibile il compito di configurare senz’altro il fatto in una delle categorie prestabilite, la psicologia doveva, quindi, costituire piuttosto un ostacolo per il giudice nella determinazione della sentenza […]. Da ciò trae origine una giurisprudenza cavillosa, che s’ingegna di allargare i ristretti limiti delle ipotesi schematiche, inventando sempre nuove, astratte fattispecie psicologiche e di provare per vie di scolastiche e artificiose acrobazie logiche meramente deduttive, l’appartenenza di un delitto ad una categoria determinata».

In siffatto modo la giustizia contemporanea diventa tecnica segreta di un giudizio infarcito di precisione, ma si allontana notevolmente dalla comprensione dell’uomo comune e dalla sana ragione umana

F. Alexander, H. Staub, Il delinquente e i suoi giudici, Giuffré, 1948, pp. 13-14

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