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Issue 12/2020

We publish here, with kind editorial permission, the Preface of the volume by Antonio Massari, Magistropoli, PaperFirst by il Fatto Quotidiano, 2020, pp. 11 ff.

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Ne Il castello dei destini incrociati, di Italo Calvino, alcuni viandanti, attraversando un bosco raggiungono un castello dove si fermano a banchettare; qui si avvedono di aver perso l’uso della parola, e decidono di raccontarsi le reciproche avventure facendo ricorso a un mazzo di tarocchi. Poggiando sul tavolo le varie carte in sequenza si ottengono diverse narrazioni per diverse disposizioni.

Tutti i racconti sono legati gli uni agli altri dalle stesse carte già posate sul tavolo e s’intrecciano narrando eventi, luoghi e storie completamente distinti. Immaginiamo adesso che Magistropoli, il libro che state per leggere, sia anch’esso costruito come un castello: il castello della Giustizia Impazzita. Che i suoi abitanti siano un centinaio di magistrati tra i più potenti e influenti.

Immaginiamo adesso che Magistropoli, il libro che state per leggere, sia anch’esso costruito come un castello: il castello della Giustizia Impazzita. Che i suoi abitanti siano un centinaio di magistrati tra i più potenti e influenti

E che al posto del mazzo di tarocchi calviniani vi sia il trojan, il virus delle intercettazioni ambientali che installato nei cellulari o nei computer agisce come gli achei celati nel mitico cavallo di legno progettato da Ulisse. La nostra guida, colui che attraverso una minuziosa e informatissima ricostruzione delle migliaia di carte (quelle di carta vera) in sequenza è riuscito a ricomporre le diverse narrazioni in un’unica grande narrazione (che compone un quadro senza paragoni e senza precedenti nella storia della magistratura italiana), io la conosco bene. E non soltanto perché fin dal primo giorno Antonio Massari ha fatto parte della squadra che ha dato vita alla splendida avventura del «Fatto Quotidiano». Avete presente infatti gli implacabili sceriffi che in Butch Cassidy non danno tregua a Paul Newman e Robert Redford, in fuga dopo l’assalto al treno? Be’, se fossi qualcuno che ha qualcosa da nascondere non vorrei essere braccato da lui e da Marco Lillo.

Ti inseguono, ti incalzano, non ti mollano mai. È quello che Antonio ha fatto con Luca Palamara, un nome e un cognome dai molti significati. Il magistrato in carriera: già membro del Consiglio superiore della magistratura nonché il più giovane presidente dell’Associazione nazionale magistrati dal maggio 2008 a marzo 2012. L’uomo dei superpoteri, il Batman delle toghe a cui un numero imprecisato di suoi colleghi devono carriera, promozioni, ambizioni soddisfatte. L’amico che ognuno vorrebbe avere, quello che si fa in quattro, che non ti dice mai di no, che risponde sempre al cellulare (e in tanti se ne accorgeranno poi, a loro spese).

Può darsi che in questa sua disponibilità, per così dire umana e anche giocosa, sia contenuta una regola antica come l’uomo. Quella per la quale i favori si fanno per essere ricambiati, ma è un  terreno sul quale preferiamo non inoltrarci. Luca Palamara è infine, e soprattutto, la pietra dello scandalo di questo straordinario scandalo del csm. O forse la vittima sacrificale. O forse il detonatore che rischia di fare implodere definitivamente il castello della Giustizia Impazzita. Nell’incredibile “Diario” di Palamara – che l’autore ricostruisce ricomponendo il gigantesco puzzle dei verbali, delle intercettazioni, degli atti giudiziari incrociandoli con un’altrettanta puntuale, certosina verifica delle fonti e delle dichiarazioni attraverso centinaia di interviste – c’è il naufragio progressivo e inarrestabile di un mondo, oltre che di un uomo (Massari la definisce “slavina”).

Può darsi che in questa sua disponibilità, per così dire umana e anche giocosa, sia contenuta una regola antica come l’uomo. Quella per la quale i favori si fanno per essere ricambiati, ma è un  terreno sul quale preferiamo non inoltrarci

Assistiamo alla deriva di un sistema nevralgico nell’assetto costituzionale, di un’istituzione fondamentale, di un’idea di giustizia che Massari osserva e analizza con la necessaria distanza. Senza i compiacimenti di quel giornalismo che si arroga preventivamente il diritto di pontificare su chi meriti l’inferno e chi il paradiso. Antonio non giudica, non sentenzia ma vuole “capire”, approfondire, per meglio guidarci nei corridoi e nelle segrete del castello, là dove agisce il potere nascosto, e vanno in scena l’umana e la disumana commedia. Per meglio comprendere vuole vedere, sentire, conoscere (non perdetevi il racconto di lui e Palamara, una sera davanti a una pizza, soltanto loro due che si scrutano, che si parlano, come in una tregua armata). Infine, ci siamo noi che leggiamo sgomenti. Noi lettori, noi cittadini, noi persone. Naturalmente intimiditi dalla severa solennità dell’istituzione, sempre timorosi nell’accostarci a quelle aule cupe, in quei palazzi marmorei dove uomini paludati sono chiamati a decidere sul destino di altri uomini.

Infine, ci siamo noi che leggiamo sgomenti. Noi lettori, noi cittadini, noi persone. Naturalmente intimiditi dalla severa solennità dell’istituzione, sempre timorosi nell’accostarci a quelle aule cupe, in quei palazzi marmorei dove uomini paludati sono chiamati a decidere sul destino di altri uomini

Noi, fiduciosi quando ci siamo affidati alla magistratura, e abbiamo fatto bene, perché sanasse i torti che malgoverno e corruzione avevano inflitto sul corpo vivo della nostra democrazia. Noi, che abbiamo come simboli Falcone e Borsellino, e con essi tutti coloro che vivono blindati sotto la minaccia mafiosa. Noi, che ugualmente ammiriamo il giudice sconosciuto, che si sobbarca in silenzio, e lontano dai riflettori, le attese di una piccola comunità. Noi, sbalorditi alla notizia che alla fine del 2019 (e quindi in era pre-Covid) i processi penali arretrati, accatastati e dimenticati negli scantinati di quei marmorei palazzi hanno sfiorato l’assurda cifra di un milione e mezzo. Noi, che condotti per mano in un luogo della realtà irreale, dove come formiche impazzite “quei” magistrati passano le loro giornate a brigare, complottare, inciuciare in un qualche hotel Champagne, in allegra compagnia con “quei” politici ammanicati, ci domandiamo: ma questi qui quando lavorano? Magistropoli è nello stesso tempo un giallo, un noir e un trattato di psicologia.

Lascerà il segno. Sinceramente non siamo convinti che gli “anticorpi”, come auspicato dalle più autorevoli cattedre della Repubblica, sapranno sanare una metastasi così radicata e profonda.

Crediamo poco nelle “riforme”. Preferiamo affidarci all’istinto di autosopravvivenza dell’apparato. Alla necessità di non mescolare ad altri novemila magistrati, che fanno quotidianamente il loro dovere, quelli che si fanno pagare le vacanze dall’amico imprenditore. Come quel personaggio del Castello di Italo Calvino, giunti all’ultima pagina possiamo solo dire: «Lasciatemi così. Ho fatto tutto il giro e ho capito. Il mondo si legge all’incontrario. Tutto è chiaro».

Sinceramente non siamo convinti che gli “anticorpi”, come auspicato dalle più autorevoli cattedre della Repubblica, sapranno sanare una metastasi così radicata e profonda

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A meeting of knowledge on individual and society
to bring out the unexpected and the unspoken in criminal law

 

ISSN 2612-677X (website)
ISSN 2704-6516 (journal)

 

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