Credits to Unsplash.com

«Platone concepì le Leggi, naturalmente, come la legge positiva della polis per la quale le scrisse. Ma è chiaro che egli voile farle coincidere con la norma ideale di vera giustizia quale egli la concepiva in termini filosofici».

[…] Egli si sforzò di far derivare l’autorità della legge da una fonte che le attribuisse la massima autorità. Questa fonte è la “giusta ragione” (ὀρθòσ λόγος) ed è il legislatore l’uomo saggio che mette questa ragione in forma scritta. Mediante il consenso del popolo queste parole scritte diventano legge. La legge pertanto è pensiero ragionato (λογισμός) il quale è diventato dogma pόleos, ossia che è stato sanzionato dalla città. Questo “logos” o “logismόs” entro di noi si oppone ad ogni motivazione delle nostre azioni determinata dagli affetti dell’animo: piacere e dolore. Platone definisce logos alethès (retta ragione) la “corda d’oro” mediante la quale Dio muove l’anima umana

«La polis riceve questo logos dagli Dei o da colui che conosce queste cose (le cose divine nel senso platonico, Dio essendo la misura di tutte le cose). Questi è il legislatore; e nel fare del proprio logos una legge, alla comunità è reso possibile di cooperare con se stessa e con altri stati».

Quando comprendiamo questa natura della legge, comprendiamo anche perché la legge sia essenzialmente paideia. Poiché paideia è, in ultima analisi, il dominio del “logos” sopra i “pathe” nell’anima umana

W. Jaeger, Elogio del diritto, in M. Cacciari, N. Irti, Elogio del diritto, La nave di Teseo, 2019, in pp. 43-44

Altro

A meeting of knowledge on individual and society
to bring out the unexpected and the unspoken in criminal law

 

ISSN 2612-677X (website)
ISSN 2704-6516 (journal)

 

The Journal does not impose any article processing charges (APC) or submission charges