26 June 2019
Paola Emilia Cicerone

P. Buffa, La galera e i confini dei vostri cervelli

Segnalazione bibliografica

Capita a volte, leggendo un libro, di aver voglia di saperne di più sull’autore. E così, chiusa l’ultima pagina di queste storie di vita in carcere, sono andata a cercare qualche informazione sull’autore. Scoprendo un curriculum denso di esperienze lavorative – in gran parte raccontate nel libro – e di esperienze formative declinate nel corso di una lunga carriera. Laureato in scienze politiche e criminologo, Pietro Buffa è entrato nell’amministrazione penitenziaria nel 1993 e ha poi lavorato in vari carceri e in diversi ruoli fino al recentissimo trasferimento alla guida del Provveditorato Regionale della Lombardia. E non mi ha stupito trovare tra i suoi lavori approfondimenti sull’attualità del pensiero di Cesare Beccaria accanto e studi sulla possibilità di costruire un carcere “utile” e più umano. Perché sono i temi che rendono così avvincente questa galleria di ritratti, alcuni appena abbozzati altri più approfonditi. Che tutti insieme raccontano la fatica di conciliare i rigori della legge e gli ostacoli burocratici con la volontà di rendere, per quanto possibile, l’esperienza detentiva un’opportunità di riscatto, o quantomeno di valorizzarne la dimensione umana.

In queste pagine si incontrano personaggi di ogni genere, detenuti e agenti, impiegati e dirigenti: un mondo a cui dall’esterno guardiamo a volte con diffidenza, e di cui Buffa racconta vizi e debolezze, ma anche slanci e generosità. Senza negare la difficoltà di gestire strutture sempre troppo affollate, carenze di personale e mancanza di presidi essenziali. Ma come emerge dalla narrazione, prima di ogni altra cosa sono le persone a fare la differenza. Persone come l’ex rugbista dai baffi bianchi che decide, supportato dall’autore e da altri operatori, di organizzare una squadra di rugby all’interno di un carcere: «i ragazzi sono già al campo», annuncia un agente il giorno della prima partita ed è, commenta l’autore, già questa una vittoria: «in genere, in carcere non si parla di ragazzi riferendosi ai detenuti», nota Buffa. «Quel termine tradiva l’orgoglio di uno sforzo collettivo in vista di un risultato comune, al di là dei ruoli e delle parti».

È lo stesso spirito che anima il più rosa, e più natalizio, dei racconti, in cui un reparto di detenuti in rivolta trova pace e progettualità nell’organizzare una cena di Vigilia improvvisata per i detenuti della “settima”, il manicomio dell’istituto, rimasti senza un pasto caldo in quella sera speciale a causa di un impiccio burocratico. Un cambio di scenario segnato da un «ci pensiamo noi, non si preoccupi!» che trasforma, almeno temporaneamente, un gruppo di pronto a bellicose rivendicazioni in una squadra di cuochi.

In altre occasioni la disponibilità del direttore e dei suoi uomini non basta a evitare un finale drammatico. Ma a volte, ci ricorda Buffa, si tratta semplicemente di garantire un rapporto umano corretto. Anche se per riuscirci è necessario presentarsi in una cella alle dieci di sera per non venir meno alla promessa di un colloquio. «Ricordo bene il lucido dei suoi occhi», scrive Buffa parlando del giovane carcerato cui aveva dato udienza in un orario così insolito. «Gli avevo dato importanza, lo avevo trattato come un uomo ed ero stato di parola… quel luccicore era dignità».

Il libro è edito da Itaca, 2019.

A meeting of knowledge on individual and society
to bring out the unexpected and the unspoken in criminal law

 

ISSN 2612-677X (website)
ISSN 2704-6516 (journal)

 

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