«Alcuni ritengono che, al di là del testo di legge, non ci sia altro che l’arbitrio e l’abuso di potere: si fa fatica a credere che vi sia, al contrario, una verità morale da scoprire, che esistano valutazioni giudiziarie corrette e giustificabili sul piano della regione e valutazioni prevaricatrici e infondate».
Si tratta di un deficit culturale che, a mio parere, non potrà mai essere colmato semplicemente moltiplicando il numero di vincoli procedurali o dei codici di rito, perché nulla di tutto ciò potrà mai sostituire il giudizio pratico, e la libertà di scelta, del singolo operatore giuridico e del singolo magistrato
«In altri termini, si tratta di un problema di coscienza che, per essere adeguatamente affrontato, necessita, prima della redazione di norme e procedure, di un humus culturale in cui sia diffusa la convinzione che i giudizi di coscienza sono il frutto non dell’arbitrio personale, ma di un pensiero ragionato, che tenga conto di tutte le posizioni possibili e soppesi le diverse ragioni contrastanti».
– Antonio Salvati – estratto dalla conversazione con DPU “Suggestioni letterarie contro la pena di morte“