«Nessuno Stato, o meglio nessuna società umana, può permettersi il lusso di non avere più fiducia nella Giustizia Penale e nei suoi Giudici, pena lo sfaldamento della società stessa […].
C’è chi spera che la riforma del CSM sia il farmaco che guarirà il male e chi crede che il problema dei problemi sia la prescrizione dei reati.
Io non lo credo. Io temo che i problemi della giustizia penale siano profondi e così gravi che anche farne una buona e coraggiosa diagnosi sia difficile.
Le considerazioni che seguono sono poco più che libere associazioni di idee, frammenti appunto, di un discorso tutto da costruire ancora, e questo stile così poco ortodosso e pieno di limiti – del resto, ognuno di noi pensa e scrive come gli è possibile e non può fare altrimenti – è dovuto al fatto che ho voluto provare a dire la mia su molti, forse troppi temi, e la paura di lasciare nel non detto qualcosa che invece sento l’urgenza di dire, perché potrebbe essere importante, ha prevalso sulle necessità dell’ordine e della chiarezza sistematica degli argomenti e forse anche sulla necessità dell’umiltà e della piena coscienza dei propri limiti (che, però, assicuro il lettore, non manca a chi scrive) […].
Se debbo indicare, in sintesi, il problema che, per me, li include tutti, non esito a dire che il problema più grave di tutti è l’ingiustizia del diritto penale e tutto il resto, o molto del resto, segue da questo fondamentale punto […].
L’unico auspicio è che qualcuno – qui o altrove non conta – provi a prendersi i rischi che il tempo di crisi impone e dica la sua con tutta la spregiudicatezza che è necessaria, anche se così facendo dovesse gettare a mare tutto quel che io ho scritto, giudicandolo insufficiente, errato, pericoloso e soprattutto non nuovo, il che è assolutamente vero».
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