Il nostro macchinario non è interamente preprogrammato, al contrario: viene plasmato man mano che interagisce con il mondo. Crescendo, riscriviamo di continuo i circuiti del cervello per affrontare nuove sfide, cogliere le occasioni e capire le strutture sociali che ci circondano
«La nostra specie è riuscita a occupare ogni angolo del globo perché rappresentiamo l’espressione più alta di un trucco scoperto da madre natura: non è necessario programmare subito tutto il cervello, ma solo fornirgli i mattoncini essenziali e poi mandarlo nel mondo. Il neonato strillante alla fine smette di piangere, si guarda intorno e assimila la realtà che lo circonda. Viene modellato dall’ambiente. Assorbe tutto, dalla lingua locale alla cultura in senso più ampio, fino alla politica mondiale. Porta avanti le credenze e i preconcetti di coloro che l’hanno allevato».
Ogni bel ricordo immagazzinato, ogni lezione imparata, ogni goccia di informazione di cui è imbevuto: tutto questo forgia i suoi circuiti per fargli sviluppare qualcosa che non è mai pianificato in anticipo, ma che piuttosto rispecchia il mondo circostante