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Nel XVIII secolo Homo sapiens era una misteriosa scatola nera il cui funzionamento andava al di là della nostra comprensione. All’epoca, quando gli eruditi si domandavano per quale motivo un uomo prendesse un coltello e pugnalasse a morte un altro uomo, una risposta accettabile poteva essere questa: “Perché ha scelto di farlo. Ha usato il suo libero arbitrio per scegliere l’omicidio, e per questo motivo è pienamente responsabile del suo crimine.” Nel corso dell’ultimo secolo, aprendo la scatola nera di Homo sapiens, gli scienziati hanno scoperto che non contiene un’anima, né il libero arbitrio, né il “sé”, ma soltanto geni, ormoni e neuroni che obbediscono alle stesse leggi fisiche e chimiche che governano il resto della realtà

«Dubitare dell’esistenza del libero arbitrio e dell’individuo non è una novità, naturalmente. Più di 2000 anni fa, pensatori indiani, cinesi e greci sostenevano che “il sé individuale è un’illusione”. Eppure questi dubbi non cambiano la storia, a meno che non abbiano un impatto sull’economia, la politica e la vita quotidiana. Noi esseri umani siamo maestri della dissonanza cognitiva, e ci concediamo di credere una cosa quando siamo in laboratorio e una completamente diversa quando siamo in tribunale o in parlamento».

Tuttavia, una volta che le intuizioni scientifiche eretiche verranno tradotte in tecnologie di uso quotidiano, in attività di routine e in strutture economiche, diventerà sempre più difficile sostenere questo doppio gioco, e noi – o i nostri eredi – avremo probabilmente bisogno di un nuovo pacchetto di convinzioni religiose e istituzioni politiche

Y.N. Harari, Homo Deus. Breve storia del futuro, 2017, pp. 428 e 461.

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