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Fascicolo 12/2020

Pubblichiamo qui, per gentile concessione editoriale, il presente articolo di Gustave Thibon, pubblicato all’interno del volume La libertà dell’ordine: Un sentiero aperto per il ritorno, edito da Fede & Cultura, 2015.

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(4 febbraio 1977)

La parola libertà risponde a uno dei bisogni più profondi della natura umana. È forse per questo che essa dà luogo a così tanta confusione e a numerosi abusi.

Che cos’è la libertà? Non è l’indipendenza assoluta, giacché noi tutti dipendiamo da qualcuno o da qualcosa: dall’aria che respiriamo, dal mestiere che facciamo, dagli esseri che ci circondano e dall’intera società umana, con la quale scambiamo quotidianamente dei servizi.

L’uomo si sente libero nella misura in cui può amare le cose e gli esseri da cui dipende: per esempio quando vive in ambiente a lui consono, quando esercita un mestiere che risponde alla propria vocazione interiore, quando sposa la donna di cui è innamorato ecc. Al contrario, egli sperimenta una sensazione di coercizione e schiavitù se è vincolato, per via delle necessità dell’esistenza. a funzioni o persone che gli ripugnano. Chi non possiede la vocazione militare in caserma si sente schiavo. Lo stesso accade a chi non ama più la propria sposa: i vincoli del matrimonio si tramutano in catene.

Che cos’è la libertà? Non è l’indipendenza assoluta, giacché noi tutti dipendiamo da qualcuno o da qualcosa  […]. L’uomo si sente libero nella misura in cui può amare le cose e gli esseri da cui dipende

 

Così, quando rivendichiamo la nostra libertà non è l’indipendenza assoluta che domandiamo: è la facoltà di passare da una dipendenza che rifiutiamo a una dipendenza che ci attrae.

Gli esempi di un siffatto stato d’animo sono innumerevoli. Il bambino pigro annoiato dalla scuola sperimenta un vivo sentimento di liberazione quando gli viene concesso di giocare o gironzolare. Tuttavia egli è schiavo dell’istinto che lo spinge verso il gioco e il bighellonare.

La giovane “emancipata”, ribelle all’autorità genitoriale o alle regole della morale, non reclama libertà che per obbedire in maniera più servile agli idoli di una certa gioventù: danza, cinema, flirt amorosi, ecc.

Il teppista che nell’atto di entrare in una banda di malfattori rifiuta di prestare obbedienza alle leggi della società si sottomette facilmente alle “leggi della malavita”.

Allo stesso modo, l’uomo bramoso di disfarsi della propria moglie per poter sposare l’amante non è libero nei confronti della passione che lo porta a distruggere il focolare domestico.

Quando rivendichiamo la nostra libertà non è l’indipendenza assoluta che domandiamo: è la facoltà di passare da una dipendenza che rifiutiamo a una dipendenza che ci attrae

 

Questi pochi esempi sono sufficienti a mostrare le schiavitù che ci minacciano sotto il nome e la maschera della libertà.

Essere libero significa poter fare ciò che si desidera. Occorre dunque vigilare sulla qualità e sull’orientamento dei nostri desideri. La libertà non è altro che la capacità di scegliere tra due obbedienze. Se rifiutiamo, nel negarci agli appelli che ci vengono dall’alto, di essere servitori del vero e del bene, allora cadremo sotto il dominio delle passioni inferiori che ci asserviranno all’errore e al male.

Essere libero significa poter fare ciò che si desidera. Occorre dunque vigilare sulla qualità e sull’orientamento dei nostri desideri. La libertà non è altro che la capacità di scegliere tra due obbedienze

 

La parola libero in greco si dice autonomos: colui che obbedisce alla propria legge. Ma la legge dell’uomo, creato a immagine di Dio, è quella di obbedire alla legge di Dio, vale a dire amare e a servire. Ed è in questo senso che Seneca diceva: parere Deo libertas est. La libertà è obbedire a Dio.

 

“Itinéraires”, n. 214, giugno 1977 (con il titolo La liberté)

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