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16.06.2021
Franco Roberti - Vincenzo Musacchio

The fight against the new mafias it must be fought on a transnational level

Issue 6/2021

Il concetto di criminalità organizzata transnazionale non è facilmente determinabile poiché non esiste una definizione univoca, né in diritto penale, né tantomeno in criminologia.

Le organizzazioni criminali transnazionali differiscono sostanzialmente l’una dall’altra per struttura organizzativa, tipi di attività, dimensione ed estensione territoriale. Nonostante questa lacuna definitoria sul concetto di criminalità organizzata transnazionale, si possono rinvenire, a parere degli autori, diversi elementi comuni alle mafie di tutto il mondo.

In primis, tali organizzazioni criminali commettono reati utilizzando la violenza laddove non riescono a imporsi mediante l’uso di strategie corruttive.

I gruppi criminali, inoltre, operano sempre sotto la direzione di leader (boss o capi mafia) e, sebbene siano ben organizzati, la loro struttura è parzialmente permanente e muta soprattutto quando il gruppo opera fuori dal proprio territorio di pertinenza.

Il concetto di criminalità organizzata transnazionale non è facilmente determinabile poiché non esiste una definizione univoca, né in diritto penale, né tantomeno in criminologia

La criminalità organizzata transnazionale, infatti, agisce attraverso una rete di gruppi omogenei collegati tra loro in pieno regime di solidarietà, complicità e ordine gerarchico.

Va inoltre considerato che le associazioni criminali transnazionali sono attive in una molteplicità di campi che vanno dalle frodi bancarie, alla criminalità informatica, al traffico di droga, merci o persone, fino all’accaparramento di fondi pubblici.

Al fine di raggiungere i loro obiettivi e proteggere, tali organizzazioni sono disposte a servirsi di qualsiasi strumento, violento o meno, pur di incrementare i loro interessi economico-commerciali sparsi in tutto il globo.

Le associazioni criminali transnazionali sono attive in una molteplicità di campi che vanno dalle frodi bancarie, alla criminalità informatica, al traffico di droga, merci o persone, fino all’accaparramento di fondi pubblici

Come non è arduo comprendere, le loro pratiche criminali non sono quasi mai limitate ai soli confini nazionali, tanto che sulla complessità della materia si sono registrati nel tempo molteplici dibattiti dottrinali che hanno affrontato anche lo specifico tema della relazione tra globalizzazione e crimine organizzato.

A parere degli autori, la globalizzazione è stata uno dei più grossi affari per le mafie di tutto il mondo poiché è stata utile soprattutto ad ampliare i loro interessi criminali a livello internazionale.

Ha facilitato inoltre il commercio mondiale e lo scambio di merci e, di conseguenza, ha aumentato anche la difficoltà di controllo sulle attività illecite e l’esecuzione delle leggi elaborate nel tempo al fine di frenare questi fenomeni.

Il sistema finanziario globalizzato e la conseguente deregolamentazione hanno agevolato il riciclaggio di denaro consentendo di nascondere i profitti illeciti delle mafie mondiali.

In altre parole – pur se coscienti della temerarietà della tesi qui sostenuta – siamo convinti che della deregolamentazione finanziaria siano riuscite a beneficiare soprattutto le mafie perché, di fatto, si consente loro di riciclare denaro attraverso il collocamento, la stratificazione e la piena integrazione nel sistema finanziario legale.

Il sistema finanziario globalizzato e la conseguente deregolamentazione hanno agevolato il riciclaggio di denaro consentendo di nascondere i profitti illeciti delle mafie mondiali

Il processo di globalizzazione nel suo sviluppo temporale ha generato vincitori e perdenti.

Il suo effetto dirompente ha, in concreto, causato maggiore disuguaglianza e povertà in tutto il mondo, determinando la chiusura di imprese di piccole e medie dimensioni oltre che ripercussioni economiche molto gravi che hanno coinvolto indirettamente anche i singoli individui e i nuclei familiari.

Questi effetti hanno reso più forti le mafie che in questa crisi hanno potuto offrire opportunità e lavoro ponendo – per assurdo – rimedio alla distribuzione disuguale del reddito.

Le mafie mondiali hanno saputo sfruttare al meglio gli effetti negativi dei processi di globalizzazione ampliando le loro reti d’influenza e di potere in ogni parte del mondo.

Le attività illecite delle organizzazioni criminali prosperano proprio come quelle legali e presentano un raggio di azione che va dai progressi tecnologici nel settore dei trasporti fino a quelli riscontrabili nell’ambito delle telecomunicazioni.

La rimozione di ostacoli al commercio internazionale di merci e il libero flusso di capitali hanno inoltre facilitato i traffici illeciti transfrontalieri delle mafie.

Le stesse attualmente hanno accesso a tecnologie all’avanguardia (aerei, sottomarini, droni) per trafficare droga, esseri e organi umani.

Utilizzano, inoltre, complesse operazioni finanziarie e informatiche (da ultimo, i bitcoins) per il reimpiego di denaro sporco in attività lecite.

Mentre ci occupiamo delle mafie a livello nazionale, il potere del crimine organizzato transnazionale è cresciuto drammaticamente mettendo in crisi, in alcuni casi, le fondamenta democratiche di alcuni Stati (ad es., in Sudamerica).

Lo Stato non può più ignorare le nuove sfide poste dal crimine globale che provengono soprattutto dalle infiltrazioni nel sistema economico e finanziario.

Le Nazioni, dunque, dovrebbero elaborare efficaci strategie di controllo dell’economia illegale che ruota intorno alla criminalità organizzata transnazionale.

L’armonizzazione delle legislazioni nazionali è soltanto una delle sfide con cui gli Stati sono chiamati a confrontarsi, ma ad essa dovranno affiancarsi nuove regole del mercato globale.

L’economia criminale, d’altronde, viola le norme giuridiche rinvenibili nei singoli ordinamenti giuridici, ma non quelle dei mercati. Si può fare economia anche fuori o addirittura contro la legge e le mafie ne sono la più autentica dimostrazione.

Lo Stato non può più ignorare le nuove sfide poste dal crimine globale che provengono soprattutto dalle infiltrazioni nel sistema economico e finanziario. Le Nazioni, dunque, dovrebbero elaborare efficaci strategie di controllo dell’economia illegale che ruota intorno alla criminalità organizzata transnazionale

Non a caso le principali mafie mondiali (italiana, russa, cinese, giapponese e sudamericana) costituiscono la terza potenza economica mondiale e sono capaci di stravolgere le regole del mercato, di condizionare l’economia legale e la democrazia.

Se la situazione è questa, senza nuovi interventi normativi in ambito europeo e internazionale sulle economie occulte e sui paradisi fiscali, a cominciare dalla rottura delle relazioni economiche e dagli embarghi finanziari, non si va da nessuna parte poiché si combatte la “guerra” con armi spuntate.

A più di vent’anni dalla firma della Convenzione ONU di Palermo contro la criminalità organizzata transnazionale (UNTOC) possiamo affermare che, nonostante gli indubbi progressi che si registrano nel settore della cooperazione giudiziaria internazionale, vi sono ancora alcuni punti critici che emergono nella prassi dell’azione di contrasto alle organizzazioni criminali.

Ne deriva una costante sfida allo Stato di diritto e ai diritti fondamentali, che compromette anche il diritto alla sicurezza dei cittadini e la loro fiducia nelle autorità pubbliche.

Anche il fenomeno del terrorismo internazionale, nelle sue forme attuali, non conosce confini di Stati e di regioni. Per essere efficace il suo contrasto dovrebbe essere condotto in connessione con la lotta alle altre forme di criminalità organizzata e con spirito unitario tra tutte le Istituzioni coinvolte.

Il contrasto al fenomeno del narco-terrorismo e, più in generale, al micidiale connubio tra terrorismo e crimine organizzato – per i traffici di armi e di esseri umani, per il contrabbando di petroli, per i sequestri di persona a scopo di estorsione e per il finanziamento del terrorismo stesso – esigerebbe un impegno corale ma, prima ancora, un “riconoscimento” dell’esistenza di questo nesso funzionale tra criminalità e terrore.

Il contrasto al fenomeno del narco-terrorismo e, più in generale, al micidiale connubio tra terrorismo e crimine organizzato […] esigerebbe un impegno corale ma, prima ancora, un “riconoscimento” dell’esistenza di questo nesso funzionale tra criminalità e terrore

Per fortuna non sono mancati, nella prassi più recente, casi assai significativi di utilizzazione della Convenzione di Palermo ai fini della cooperazione internazionale contro il terrorismo mondiale, ad esempio, nel contesto sudamericano e nordafricano.

In questo quadro, il contrasto patrimoniale e il recupero dei proventi di reato dovrebbero essere un obiettivo primario per tutti i Paesi che intendano non solo “contenere”, ma anche sconfiggere le organizzazioni criminali.

A tal fine, infatti, non basta perseguire i responsabili senza confiscare i loro beni e destinarli al riutilizzo sociale. La dimensione transfrontaliera delle organizzazioni mafiose richiede, dunque, forme efficaci e rapide di cooperazione giudiziaria e di polizia, che favoriscano il coordinamento internazionale finalizzato alla raccolta delle prove e all’individuazione degli obiettivi personali e patrimoniali.

Peraltro, sarebbe del tutto illusorio pensare che la dimensione della criminalità organizzata transnazionale, sempre più attiva in una serie di traffici delittuosi che coinvolgono in modo strutturato e intenso altri continenti, possa essere contrastata con la sola azione, sia pur coordinata, dei Paesi europei, senza stabilire una cooperazione rafforzata con un’ampia serie di Stati posti al di fuori dell’Unione.

Un chiaro segnale della mancanza – fino ad oggi – di una strategia condivisa è fornito dagli approcci differenti nella definizione delle minacce e dei rischi: una frammentazione che restringe notevolmente la possibilità di esercitare un contrasto efficace.

Un chiaro segnale della mancanza […] di una strategia condivisa è fornito dagli approcci differenti nella definizione delle minacce e dei rischi: una frammentazione che restringe notevolmente la possibilità di esercitare un contrasto efficace

Si tratta, a volte, di miopia strategica che indebolisce la forza dell’azione legislativa e operativa sovranazionale.

Va poi rimarcata la stretta correlazione che intercorre tra la qualificazione come “diritto” del diritto internazionale e l’esistenza di meccanismi che ne garantiscano l’applicazione.

Per la Convenzione di Palermo e per i suoi Protocolli aggiuntivi (volti a contrastare la tratta di esseri umani, il traffico illegale di migranti, la fabbricazione e il traffico illeciti di armi da fuoco), la previsione di adeguati meccanismi internazionali di controllo sull’osservanza degli impegni assunti degli Stati parte è cruciale per garantirne un’efficace attuazione.

È chiaro che la mancata attuazione di un meccanismo specifico per verificare il grado di rispetto degli impegni assunti dalle Parti contraenti rappresentava, a livello universale, un’occasione mancata.

Questa lacuna è stata colmata dando attuazione alla previsione dell’art. 32 della Convenzione di Palermo, secondo cui la Conferenza degli Stati parte deve adottare un meccanismo per la revisione periodica dell’implementazione della Convenzione.

Il meccanismo è finalizzato a scambiare le informazioni necessarie ai fini di un migliore funzionamento della cooperazione internazionale, identificare le lacune che impediscono di contrastare efficacemente i fenomeni delittuosi emergenti a livello globale, promuovere le riforme legislative e organizzative necessarie in tutti i paesi coinvolti.

In occasione del ventennale della cd. Convenzione di Palermo, la Conferenza delle Parti ha pertanto rilanciato il meccanismo di revisione della Convenzione (già adottato nel 2018) con la Risoluzione del 16 ottobre 2020 – denominata Risoluzione Falcone, in omaggio al magistrato simbolo dell’impegno per la giustizia e la cooperazione internazionale –, proponendo per la prima volta strumenti di contrasto alla criminalità organizzata transnazionale nell’ambito di una strategia globale, di carattere economico-finanziario e digitale, in linea con quella in fase di adozione nella legislazione dell’Unione europea.

Poco prima, l’Assemblea Generale ONU aveva avviato il meccanismo di revisione dell’attuazione della Convenzione firmata a Mérida nel 2003 contro la corruzione – che aveva ripreso e sviluppato il tema già oggetto di standard d’incriminazione nel testo della Convenzione di Palermo (art. 8) –, meccanismo imperniato su cinque ambiti: politiche di prevenzione; nuove misure penali; recupero dei beni e delle somme illecitamente acquisite; assistenza tecnica; scambio di informazioni.

Alla Risoluzione Falcone risponde, in piena sintonia, la nuova Strategia europea contro la criminalità organizzata transnazionale e la tratta degli esseri umani, comunicata il 14 aprile 2021, che segue di pochi mesi quella per la cyber sicurezza e la nuova agenda antiterrorismo e anticipa quella antiriciclaggio, già in fase di elaborazione.

La strategia europea rilancia e aggiorna alle nuove tecnologie gli strumenti della Convenzione di Palermo che i Paesi dell’Unione hanno (in varia misura) sviluppato in questi venti anni, offrendo nuovi spunti per una sempre più stretta cooperazione tra Nazioni Unite e Unione europea.

Il primo punto della nuova strategia fa riferimento all’agevolazione dello scambio d’informazioni e alla necessità di un accesso tempestivo alle stesse attraverso l’ampliamento delle attribuzioni di Europol, anche nell’ambito della cooperazione con i Paesi terzi; si fa riferimento, inoltre, all’interoperabilità delle banche dati e ad una nuova piattaforma dedicata allo scambio – tra investigatori e magistrati – delle informazioni e delle prove elettroniche, sempre più determinanti nell’era digitale.

È la realizzazione pratica dell’insegnamento di Giovanni Falcone!

Il riciclaggio è l’essenza della criminalità organizzata, le indagini finanziarie sono la frontiera più impegnativa, ma ineludibile, dell’azione investigativa e giudiziaria.

Il cammino verso approdi soddisfacenti è ancora lungo.

Il riciclaggio è l’essenza della criminalità organizzata, le indagini finanziarie sono la frontiera più impegnativa, ma ineludibile, dell’azione investigativa e giudiziaria

Per fare un solo esempio recente, l’indagine giornalistica internazionale sulle centrali di riciclaggio, conosciuta col nome “finCEN Files[1], ha mostrato il fallimento delle regole antiriciclaggio di fronte alle condotte favoreggiatrici di banche e operatori finanziari che continuano a trarre profitto dal crimine. Sono state, infatti, svelate migliaia di operazioni finanziarie sospette organizzate dagli stessi istituti di credito e finanziari, verosimilmente destinate a riciclare proventi illeciti.

È l’ennesima conferma del fatto che la vera forza della criminalità organizzata transnazionale (mafiosa, economico-finanziaria e terroristica) sta fuori dagli stessi gruppi criminali e risiede nei complici inseriti organicamente nelle istituzioni politiche e finanziarie, spesso all’ombra di regimi compiacenti o corrotti.

Di fronte all’incremento di tali attività illecite la normativa internazionale antiriciclaggio non solo non è implementata o attuata in molti Paesi, ma ha anche il limite d’essere troppo disorganica e frammentata in legislazioni nazionali che realizzano un mosaico di regole, lasciando sovente scappatoie facilmente sfruttate dai criminali e dai loro complici “esterni”.

Ciò è tanto più grave e inaccettabile nel momento in cui la catastrofe economica indotta dalla pandemia da coronavirus sta aprendo enormi spazi di operatività alle organizzazioni criminali, i cui appetiti sono certamente allettati dall’enorme flusso di denaro che sarà erogato per sostenere la ripresa economica e uno sviluppo ecosostenibile, obiettivi che rischiano di essere frenati dalle infiltrazioni criminali negli appalti e negli scambi economici.

Per combattere il riciclaggio di denaro sporco occorrerà, quindi, compiere ulteriori e decisivi passi nella direzione di un sistema integrato che sia in grado non solo di garantire l’effettiva implementazione e attuazione del quadro legislativo esistente, ma anche di realizzare il coordinamento della vigilanza antiriciclaggio.

Saranno a tal fine di fondamentale rilievo l’istituzione di nuova Authority europea antiriciclaggio, con compiti di supervisione, e di un meccanismo di coordinamento che migliori l’efficacia della trasmissione delle informazioni finanziarie e consenta l’interconnessione dei registri nazionali centralizzati dei conti bancari e un tempestivo accesso transfrontaliero alle informazioni.

Solo un sistema finanziario globale, solidamente sostenuto da un quadro giuridico armonizzato e da una cooperazione giudiziaria efficace, potrà avvalersi di strumenti adeguati per rispondere alla continua sfida lanciata da criminali e terroristi mai impreparati – è bene ripeterlo – a trarre vantaggi illeciti dalle lacune e debolezze dei sistemi normativi nazionali.

 

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[1] Si veda S. Arcieri, R. Bianchetti, «Abbiamo due sistemi di applicazione della legge e della giustizia nel paese», 30 settembre 2020. Sullo stesso tema si rinvia altresì agli ulteriori articoli: Sei proposte urgenti per il contrasto al riciclaggio internazionale di denaro, del 23 ottobre 2020, Fincen Files: i numeri della maxi-inchiesta, del 9 ottobre 2020 e Abusi fiscali, riciclaggio di denaro e corruzione: le piaghe della finanza globale, del 30 settembre 2020, tutti su DPU – il blog.

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