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30.09.2020
Susanna Arcieri - Raffaele Bianchetti

«Abbiamo due sistemi di applicazione della legge e della giustizia nel paese»

Fascicolo 9/2020

Così Ron Wyden, senatore per lo stato dell’Oregon, ha commentato sui social i risultati emersi dall’inchiesta giornalistica internazionale Fincen Files, che hanno portato alla luce migliaia di “segnalazioni di attività sospette” realizzate negli ultimi dieci anni dai colossi bancari e dalle grandi aziende di tutto il mondo, per una cifra complessiva pari a oltre duemila miliardi di dollari illecitamente trasferiti[1].

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Una gigantesca miniera di documenti governativi segreti mostra, per la prima volta, come i colossi del settore bancario occidentale trasferiscano enormi somme di denaro tramite operazioni sospette, arricchendo le tasche proprie e dei propri azionisti, e semplificando al contempo il lavoro di terroristi, cleptocrati e boss della droga.

Si tratta dei Fincen Files, oltre duemila rapporti elaborati da Fincen (il Financial Crimes Enforcement Network, agenzia governativa statunitense deputata a combattere il riciclaggio di denaro, il finanziamento del terrorismo e altri crimini finanziari), tra il 2000 e il 2017. Documenti che provengono tutti dalle banche stesse, che li hanno trasmessi negli anni alle autorità statunitensi, per evidenziare dubbi e preoccupazioni circa le attività di alcuni dei propri clienti.

I rapporti sono noti come “Sar” (Suspicious activity report, “segnalazione di attività sospetta”) e sono stati messi a disposizione – dal portale BuzzFeed News – dell’International Consortium of Investigative Journalists (Icij) e di oltre cento testate giornalistiche in 88 paesi (tra cui l’Espresso, per l’Italia), che ne hanno potuto analizzare i contenuti per sedici mesi. I risultati di questo immenso lavoro di analisi sono stati divulgati per la prima volta nella serata di domenica 20 settembre u.s.; non anche i singoli rapporti che invece (salvo alcune eccezioni, rappresentate da singole segnalazioni pubblicate dallo stesso Icij, previo oscuramento di una parte dei dati)[2] rimangono tutt’ora segreti[3].

I rapporti sono noti come “Sar” (Suspicious activity report, “segnalazione di attività sospetta”) e sono stati messi a disposizione – dal portale BuzzFeed News – dell’International Consortium of Investigative Journalists (Icij) e di oltre cento testate giornalistiche in 88 paesi (tra cui l’Espresso, per l’Italia), che ne hanno potuto analizzare i contenuti per sedici mesi

Nondimeno, l’ex agente speciale federale ed esperto di riciclaggio di denaro Robert Mazur ha sostenuto che mettere a disposizione di tutti l’intero materiale «potrebbe migliorare la sicurezza nazionale, agevolare le indagini future e incoraggiare le istituzioni ad aderire in modo più coerente ai requisiti di presentazione delle SAR», e «si spera possa far capire alle persone che si trovano in una posizione di potere per quanto riguarda la correzione di quello che appare essere a tutti gli effetti un fallimento di sistema»[4].

Crimini finanziari, riciclaggio di denaro, accordi segreti e illegalità: questi i quattro perni su cui girano i Fincen Files, spiegano le prime notizie di stampa[5].

Secondo quanto riferito dalla stampa, le cifre complessive che emergono dai Fincen Files sono a dir poco impressionanti: si parla, infatti, di più di duemila miliardi di dollari (2.099, per l’esattezza) trasferiti a mezzo di operazioni di presunto riciclaggio, delle quali una buona fetta gestite da colossi come Deutsche Bank (al primo posto, con circa 1.300 miliardi di dollari trasferiti), Jp Morgan Chase (514 miliardi), Standard Chartered (166 miliardi) e Bank of New York Mellon (64 miliardi)[6].

Le cifre complessive che emergono dai Fincen Files sono a dir poco impressionanti: si parla infatti di più di duemila miliardi di dollari (2.099, per l’esattezza) trasferiti a mezzo di operazioni di presunto riciclaggio

Ma dove sono andati a finire tutti questi soldi?

Un po’ in tutto il mondo (Italia compresa)[7], e in innumerevoli settori: da quello dello sport, a quello dell’intrattenimento di Hollywood, agli immobili di lusso, fino alle aziende produttrici di beni di prima necessità, come i generi alimentari, spiega BuzzFeed News[8].

Peraltro, già nei mesi precedenti alla pubblicazione dei rapporti elaborati da Fincen, una serie di operazioni bancarie che sarebbero poi risultate coinvolte nell’inchiesta avevano attirato l’attenzione di alcune procure, sia italiane sia straniere, le quali avevano conseguentemente disposto l’apertura di fascicoli penali allo scopo di accertare la sussistenza di possibili condotte di riciclaggio internazionale[9].

Ci si attende, pertanto, che i risultati della presente inchiesta, e in particolare le informazioni che saranno progressivamente diffuse dagli organi di stampa, col procedere dell’analisi delle segnalazioni oggetto dei Fincen Files, assumeranno un ruolo chiave sia per quanto riguarda la prosecuzione delle indagini penali già avviate, sia anche – probabilmente – nella prospettiva dell’apertura di nuovi e ulteriori procedimenti, relativi ad altre delle operazioni finanziarie etichettate da Fincen come presunte illecite.

Il riciclaggio di denaro è un reato che apre la porta a una serie di altri successivi reati; è un fenomeno che alimenta ed aggrava la disuguaglianza economica e che è in grado di prosciugare i fondi pubblici, di minare la democrazia e di minacciare la stabilità stessa delle nazioni.

Non solo. I Fincen Files pongono in evidenza una verità fondamentale dell’era moderna: le reti attraverso le quali il denaro sporco attraversa il mondo sono diventate arterie vitali dell’economia globale. Nel tempo si è venuto a creare, infatti, un sistema finanziario parallelo ed oscuro di portata così ampia da essere ormai diventato del tutto inestricabile dalla cosiddetta economia legittima.

E sono state innanzitutto le banche, e in particolare alcuni grandi colossi dai nomi a noi tanto familiari, a contribuire in modo significativo al processo che ha reso possibile tutto ciò, denuncia ancora BuzzFeed News.

Al centro delle indagini di Fincen ci sono, infatti, le grandi banche internazionali, dalle quali proviene la maggior parte dei documenti su cui l’inchiesta si fonda: documenti che sono stati condivisi con i governi, ma che sono stati tenuti nascosti alla collettività.

Le reti attraverso le quali il denaro sporco attraversa il mondo sono diventate arterie vitali dell’economia globale. Nel tempo si è venuto a creare, infatti, un sistema finanziario parallelo ed oscuro di portata così ampia da essere ormai diventato del tutto inestricabile dalla cosiddetta economia legittima

Fergus Shiel, giornalista investigativo del ICIJ, ha spiegato che i documenti analizzati offrono un importante «spaccato di ciò che le banche sanno dei vasti flussi di denaro sporco che circola nel mondo»[10].

Quante di queste operazioni di trasferimento sospette avrebbero potuto essere bloccate per tempo, se le banche si fossero attivate tempestivamente?

 Quasi tutte, secondo BuzzFeed News.

Eppure le banche, anche quando lanciano l’allarme di fronte a casi di presunto riciclaggio (essendo tenute per legge a vigilare sulla correttezza di ogni transazione e a non agevolare in alcun modo le eventuali condotte illecite dei propri clienti), non intervengono poi di fatto per fermare effettivamente i bonifici sospetti. Oppure «si svegliano con anni di ritardo, quando scoppia uno scandalo e i tesori sono ormai spariti», spiegano i giornalisti dell’Espresso[11].

«Alcuni di questi individui, con le loro camicie bianche e pulite, nei loro abiti eleganti, si nutrono della tragedia di persone che muoiono in tutto il mondo», ha denunciato Martin Woods, ex responsabile della Funzione crimini finanziari di Thomson Reuters, intervistato da BuzzFeed News.

Alcuni di questi individui, con le loro camicie bianche e pulite, nei loro abiti eleganti, si nutrono della tragedia di persone che muoiono in tutto il mondo

E i governi?

Nei pochi casi in cui hanno assunto iniziative per combattere la condotta delle banche gli organismi governativi statunitensi si sono perlopiù limitati a ricorrere allo strumento dei cd. “deferred prosecution agreements”, che prevedono l’applicazione di una mera sanzione pecuniaria, ma mai l’arresto, specie nei confronti dei vertici societari.

Uno strumento, dunque, che appare già a prima vista del tutto inefficace, e che trova piena conferma nei Fincen Files: da questi emerge infatti che, anche a seguito (e nonostante) l’applicazione delle sanzioni, le banche coinvolte nei trasferimenti di denaro sporco hanno serenamente continuato, nel corso degli anni, a movimentare denaro per cifre stratosferiche.

Eppure, se solo lo volesse, affermano gli esperti in materia di criminalità economica, il governo potrebbe senz’altro bloccare i trasferimenti illeciti di denaro.

In effetti, molte sono le possibili “soluzioni”. La più efficace, la più rapida e la più risolutiva è anche quella più semplice: prevedere l’arresto dei dirigenti delle banche coinvolte nelle operazioni illecite, osserva ancora BuzzFeed News.

Del resto, un simile approccio rappresentava un tempo la prassi ordinaria. «Negli anni ’80 e ’90 e anche nei primi anni 2000, il governo ha sempre agito nei confronti degli amministratori delegati delle società bancarie», ha spiegato il giudice distrettuale degli Stati Uniti Jed Rakoff, che ha sempre espresso posizioni fortemente critiche nei confronti dell’applicazione di pene irrisorie per i crimini dei colletti bianchi[12].

In passato, gli amministratori delegati di importanti società (del calibro di Enron, WorldCom e Tyco) sono finiti in carcere a causa delle proprie condotte illecite. «Questa è la deterrenza», ha sottolineato Rakoff[13].

Negli anni ’80 e ’90 e anche nei primi anni 2000, il governo ha sempre agito nei confronti degli amministratori delegati delle società bancarie […]. In passato, gli amministratori delegati di importanti società […] sono finiti in carcere a causa delle proprie condotte illecite. «Questa è la deterrenza»

«La legge degli Stati Uniti attribuisce al governo la possibilità di far chiudere letteralmente i battenti a una banca che realizzi operazioni di riciclaggio di denaro, ed è quantomeno sorprendente che il governo non abbia compiuto quel passo, stante la chiara efficacia deterrente che esso avrebbe avuto», ha aggiunto il magistrato.

È possibile, allora, che le ragioni del mancato contrasto al trasferimento di miliardi di dollari di denaro sporco non vadano cercate tanto nelle falle dei sistemi di controllo interno delle banche, o nel sistema di sanzioni previste dallo stato in caso di illecito.

Forse il problema vero è la consapevolezza dell’impatto disastroso che una chiusura delle banche potrebbe avere sull’intera economia, nazionale e non solo.

BuzzFeed News riporta a questo proposito un aneddoto significativo: nel 2012, in pendenza di un procedimento penale a carico di due grosse banche internazionali (Standard Chartered e HSBC), George Osborne, cancelliere del tesoro del Regno Unito all’epoca, scrisse al presidente della Federal Reserve statunitense Ben Bernanke e al segretario al Tesoro Timothy Geithner per esprimere le sue “preoccupazioni” in relazione ai possibili “effetti involontari” che una reazione forte alla condotta illecita degli imputati avrebbe potuto provocare. Li mise in guardia da un rischio di “contagio”.

Forse il problema vero è la consapevolezza dell’impatto disastroso che una chiusura delle banche potrebbe avere sull’intera economia, nazionale e non solo

Sottinteso: chiudiamo una banca e l’intera economia potrebbe soffrirne.

I pubblici ministeri ritirarono tutte le accuse.

Il già citato Robert Mazur sostiene che sono moltissime le ragioni per cui le autorità statunitensi permettono al denaro sporco di continuare a circolare: una di esse potrebbe essere semplicemente che quel denaro va a finire in troppe tasche.

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[1] Fonte: TwitterThis latest reporting […] reinforces the fact that our country has two systems of law enforcement and justice»).

[2] I dati pubblicati sono relativi a una piccola parte del complesso delle transazioni sospette oggetto dell’inchiesta (si riferiscono, infatti, a 35 miliardi di dollari trasferiti) e sono consultabili in questa sezione del sito dell’Icij.

[3] Il 1 settembre scorso, infatti, Fincen aveva pubblicato sul proprio sito la seguente comunicazione: «FinCEN è a conoscenza del fatto che numerosi media intendono pubblicare articoli basati su segnalazioni di attività sospette (SAR) divulgati illegalmente, nonché su altri documenti governativi di carattere sensibili, risalenti a diversi anni fa. Come FinCEN ha già comunicato in precedenza, la divulgazione non autorizzata delle SAR è un reato, che può avere conseguenze sulla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, compromettere le indagini delle forze dell’ordine e minacciare la sicurezza delle istituzioni e delle persone che presentano tali segnalazioni […]». («The Financial Crimes Enforcement Network (FinCEN) is aware that various media outlets intend to publish a series of articles based on unlawfully disclosed Suspicious Activity Reports (SARs), as well as other sensitive government documents, from several years ago. As FinCEN has stated previously, the unauthorized disclosure of SARs is a crime that can impact the national security of the United States, compromise law enforcement investigations, and threaten the safety and security of the institutions and individuals who file such reports»).

[4] «Could enhance national security, aid future investigations, and encourage institutions to more consistently adhere to SAR filing requirements [and] will hopefully get people who are in a position of power to correct an apparent systemic failure»; cfr. J. Leopold et al., FINCEN FILES. Thousands of secret “suspicious activity reports” offer a never-before-seen picture of corruption and complicity — and how the government lets it flourish, in BuzzFeed News, 20 settembre 2020.

[5] F. Provenzani, FinCen files: la maxi-inchiesta su banche e riciclaggio, spiegata bene, in Money.it, 21 settembre 2020.

[6] P. Biondani, L. Sisti, Fincen Files, ecco i boss mondiali del riciclaggio: denaro sporco per duemila miliardi, in L’Espresso, 20 settembre 2020.

[7] Ibidem.

[8] J. Leopold et al., FINCEN FILES, cit.

[9] L’Espresso riferisce, in particolare, delle indagini avviate dalle procure di Siena e di Ginevra nei confronti dell’imprenditore kazako Igor Bidilo, proprietario di numerose imprese e attività a Siena, indagato per il reato di riciclaggio internazionale con riferimento a operazioni bancarie sospette, per un valore complessivo – secondo la quantificazione operata dalla procura di Siena – di circa 11 milioni e mezzo di euro (cfr. gli articoli di P. Biondani. L. Sisti, Caccia al tesoro dello zar di Siena, e Fincen Files, indagato l’oligarca padrone del centro storico di Siena, entrambi in L’Espresso, rispettivamente il 27 e il 24 settembre 2020).

[10] FinCEN Files: All you need to know about the documents leak, in BBC News, 21 settembre 2020.

[11] P. Biondani, L. Sisti, Fincen Files, ecco i boss mondiali, cit.

[12] J. Leopold et al., FINCEN FILES, cit.

[13] Ibidem.

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