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02.04.2019
Susanna Arcieri

The fight against miscarriages of justice. Innocence Project and the example of the United States of America

Abstract. Just over twenty-five years ago, two New York attorneys, Barry Scheck and Peter Neufeld, created Innocence Project the famous American non-profit association established at the Benjamin Cardozo School of Law of Yeshiva University to combat the phenomenon of unjust detention.

 

SUMMARY: 1. The project, in brief. − 2. Innocence Project and the study of the causes of miscarriages of justice. − 2.1. The misapplication of forensic science. − 2.2. The misconduct of the prosecution and the PG. − 2.3. The phenomenon of the so-called incentivized informants. − 2.4. The defendant’s false confession.

1. Il progetto, in sintesi.

Due gli obiettivi che hanno ispirato, nel 1992, la nascita di Innocence Project: innanzitutto, liberare le persone erroneamente detenute attraverso il ricorso al test del DNA; in secondo luogo, riformare la legge e il sistema penale, in modo da evitare il ripetersi di future ingiustizie.

La fortuna di Innocence project e i risultati degli sforzi delle decine di collaboratori al progetto sono ben testimoniati dai numeri: dal giorno della sua nascita a oggi (aprile 2019) sono state rimesse in libertà 364 persone ingiustamente condannate alla pena carceraria nell’intero territorio degli Stati Uniti; di queste, venti erano condannate a morte[1].

Si tratta per la maggior parte di giovani (tra 26 e 41 anni) e di giovanissimi (circa un terzo del totale, tra 14 e 22 anni), che hanno trascorso in cella un tempo pari a circa 14 anni in media, prima del rilascio.

Sempre grazie a Innocence Project sono stati altresì consegnati alla giustizia ben 160 veri colpevoli, rimasti fino ad allora a piede libero. Il tutto, grazie al test del DNA.

364 – persone ingiustamente recluse liberate da Innocence Project.

2. Innocence Project e lo studio delle cause degli errori giudiziari.

Restituire la libertà agli innocenti reclusi in carcere non è l’unico scopo perseguito dall’associazione.

Infatti, Innocence Project dedica impegno e risorse anche nell’identificazione delle cause degli errori giudiziari e nella promozione della consapevolezza, da parte delle istituzioni e degli stessi magistrati, dell’esistenza di tali cause.

Come nel resto del mondo, anche nell’esperienza degli Stati Uniti quello degli errori giudiziari «non rappresenta affatto un fenomeno eccezionale e sporadico: essi, al contrario, si verificano con estrema frequenza a causa di veri e propri difetti sistemici»[2].

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160 – reali responsabili consegnati alla giustizia

Innocence Project ha così individuato i fattori che più di frequente ricorrono nei casi di ingiusta condanna e tra i quali spiccano, in particolare:

  1. L’applicazione scorretta della scienza forense (misapplication of forensic science)
  2. la cattiva condotta della pubblica accusa e degli operanti di polizia giudiziaria (misconduct by government actors);
  3. gli “incentivi” accordati a fronte della trasmissione di informazioni da parte di soggetti informati dei fatti (incentivized informants);
  4. la confessione, da parte degli imputati, di reati in realtà mai commessi (false confessions or admission)[3].

 

2.1. La misapplication of forensic science.

 L’impiego scorretto della scienza forense nei processi rappresenta la prima causa di errore giudiziario anche sotto il profilo statistico, posto che ha interessato circa il 45% dei casi di liberazione fino ad ora sottoposti all’attenzione di Innocence Project.

Nondimeno, si tratta di un fenomeno tutt’altro che facile da definire.

I casi di condotte riconducibili al paradigma generale di “misapplication” presentati da Innocence Project sono innumerevoli: ad esempio, può darsi che il giudice fondi la propria decisione di condanna sulle evidenze derivate da una disciplina scientifica intrinsecamente inaffidabile, di fatto non scientifica, senza però disporre delle competenze necessarie per rendersi conto dell’errore. Altre volte, l’inaffidabilità riguarda non tanto la disciplina in sé, quanto il singolo metodo impiegato dall’esperto[4].

 Non solo: talvolta, la condanna dell’innocente dipende dagli errori (di valutazione, di elaborazione dei risultati, o di rappresentazione dei medesimi) commessi dai medesimi esperti chiamati a esporre nel processo i risultati dei propri accertamenti tecnici[5].

Ancora, «può accadere che il consulente sottovaluti, minimizzi od ometta di evidenziare la rilevanza di un accertamento tecnico il cui risultato dovrebbe portare a espungere un dato soggetto dall’elenco degli indiziati […] Altre volte l’esperto non dà conto dei limiti connessi ai metodi impiegati per l’analisi, come ad esempio i tassi di errore, la percentuale dei casi in cui è stato possibile accertare la validità di quella determinata procedura e di quelli in cui, al contrario, tale verifica è risultata impossibile»[6].

Non sempre, però, il comportamento scorretto dell’esperto è dovuto veri e propri errori. Talvolta, al contrario, la deposizione imprecisa o fuorviante del perito è del tutto volontaria: «in alcuni casi, gli analisti forensi fabbricano i risultati degli studi, nascondono gli elementi a favore dell’imputato, riportano dati senza aver prima eseguito alcun test»[7].

Coloro che più di ogni altri sono chiamati ad assicurare la verità e la giustizia ­– funzionari di polizia e pubblici ministeri – sembrano perdere di vista i propri doveri e si focalizzano, piuttosto, sull’obiettivo di ottenere una pronuncia di condanna

2.2. La misconduct della pubblica accusa e della PG.

Il secondo fattore identificato da Innocence Project tra le principali cause di errore consiste nella condotta scorretta degli inquirenti.

È stato rilevato, in particolare, che «molte condanne sbagliate sono dovute a errori incolpevoli. Ma in una percentuale decisamente maggiore di casi, coloro che più di ogni altri sono chiamati ad assicurare la verità e la giustizia ­– funzionari di polizia e pubblici ministeri – sembrano perdere di vista i propri doveri e si focalizzano, piuttosto, sull’obiettivo di ottenere una pronuncia di condanna. Per quanto molti agenti delle forze dell’ordine e pubblici ministeri siano persone oneste e affidabili, il sistema penale è una creazione dell’uomo e il rischio di comportamenti negligenti, di cattiva condotta e di fenomeni corruttivi è sempre presente. Anche se, su mille ufficiali di PG, ve ne fosse solamente uno disonesto, gli errori giudiziari continuerebbero a verificarsi»[8].

Numerosi sono i comportamenti che ricadono sotto il termine generale misconduct, e con i quali Innocence Project ha avuto a che fare nel corso della sua attività: dall’occultamento delle prove a discarico, alla manomissione o distruzione di elementi di prova, alla citazione di testimoni di cui è nota l’inattendibilità, alle pressioni esercitate sui testi della difesa per indurli ad astenersi dal depore, alla nomina di consulenti tecnici corrotti.

A fronte di tutto questo – rileva il team di Innocence Project ­–, è fondamentale che le legislazioni nazionali istituiscano apposite Commissioni (sull’esempio di quelle già esistenti)[9] incaricate di raccogliere materiale e approfondire le conoscenze in ordine ai casi di abuso di potere dei pubblici ufficiali, per poi elaborare, sulla base delle informazioni raccolte, proposte di riforma della giustizia penale.

 

2.3. Il fenomeno dei cd. incentivized informants.

Nel 15% dei casi seguiti da Innocence Project, l’errore del giudice è dipeso dalla condotta fraudolenta dei testimoni chiamati a deporre nel corso del processo.

Il fenomeno, noto in America con il nome di “incentivized informants”, consiste in quell’insieme di situazioni in cui uno o più testimoni sono, per varie ragioni, incentivati a mentire al giudice e alla giuria, riferendo loro informazioni che non corrispondono al vero o, più semplicemente, omettendo di riferire fatti di cui sono a conoscenza.

Gli interessi alla base della falsa testimonianza sono i più diversi, e spaziano dalla prospettiva di un corrispettivo in denaro a fronte di una deposizione con un dato contenuto, alla promessa di uno sconto di pena, nel caso in cui il teste sia anche imputato.

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Come si legge sul sito di Innocence Project, le testimonianze menzognere rappresentano una delle maggiori minacce alla stabilità dell’attuale sistema penale americano: «in alcuni casi, i testimoni affermano il falso di loro spontanea volontà, mossi dalla speranza di una qualche forma di vantaggio o di un trattamento speciale. Ma altre volte sono i pubblici officiali a rivolgersi agli “informatori”, ai quali forniscono tutte le informazioni e i dettagli relativi al caso, sulla cui base verrà poi costruita la falsa testimonianza. I testimoni corrotti continuano ancora oggi a rendere dichiarazioni nelle aule dei tribunali di tutto il Paese. Spesso, se non ci sono prove biologiche, la testimonianza falsa è l’unica prova a supporto dell’ipotesi di colpevolezza. Sono necessarie riforme radicali, tali da scongiurare il pericolo che le giurie attribuiscano a tali deposizioni un peso determinante ai fini della decisione»[10].

Lo staff di Innocence Project ha studiato l’argomento a fondo per comprenderne a pieno i termini del problema e ha poi presentato, in un breve report pubblicato nel 2013[11], alcune osservazioni e raccomandazioni volte ad arginare la portata del fenomeno. Tra i suggerimenti proposti[12] troviamo, ad esempio, alcune raccomandazioni relative alle istruzioni che il giudice è tenuto a impartire alle giurie: «nei casi di condanna ingiusta […] le giurie hanno creduto alle dichiarazioni dei falsi testimoni; è chiaro che occorre rinforzare le istruzioni impartite ai giurati. Gli Stati dovrebbero adottare un modello di istruzioni adatto a educare la giuria in ordine sia ai vizi che, come noto, possono colpire in via generale la ricostruzione offerta dai testimoni sia ai fattori che, nel singolo caso, possono aver influenzato una particolare testimonianza (ad esempio, gli incentivi impliciti o espliciti, i precedenti penali del teste, la condotta serbata in occasione di dichiarazioni rese in altri processi, ecc.)»[13].

 

2.4. La falsa confessione dell’imputato.

Occorre infine spendere qualche parola su un’ulteriore causa frequente di ingiusta condanna, ossia l’ipotesi in cui un imputato ammette la propria responsabilità in relazione ai crimini che, in realtà, non ha commesso (false confession).

Alcuni agenti di polizia sono però talmente convinti di trovarsi di fronte al vero responsabile dei reati oggetto di indagine da utilizzare metodi così persuasivi che anche un innocente finirebbe col confessare di aver commesso quei fatti

Il fenomeno è decisamente più diffuso di quanto si potrebbe pensare: dall’analisi degli oltre trecentosessanta casi seguiti dal Progetto, è infatti emerso che più di un condannato su quattro si era dichiarato falsamente colpevole dei reati ascrittigli nel corso del suo processo.

Anche in questo caso, le ragioni che possono spingere un soggetto ad auto-incolparsi di fatti commessi da altri sono molteplici – la costrizione fisica o la pressione psicologica, l’abuso di alcol o droghe, l’ignoranza della legge penale, la paura di subire violenze, l’effettivo esercizio di violenze da parte di terzi, o un complessivo fraintendimento della situazione –: vi è però un elemento comune a quasi tutti i casi accertati, ossia «la convinzione diffusa, da parte degli indagati, che una atteggiamento accomodante verso gli inquirenti, anche attraverso l’ammissione di aver commesso i reati per cui si procede, porterà vantaggi superiori di quelli conseguibili continuando a sostenere la propria innocenza»[14].

 Nell’analizzare il fenomeno, il team di Innocence Project si è soffermato in particolare sul problema della violenza morale e delle minacce che, non di rado, gli operanti di polizia giudiziaria esercitano nei confronti degli indagati per estorcere loro una dichiarazione confessoria.

«A volte le forze dell’ordine impiegano tecniche di interrogatorio estremamente severe nei riguardi degli indagati poco collaborativi. Alcuni agenti di polizia, però, sono però talmente convinti di trovarsi di fronte al vero responsabile dei reati oggetto di indagine, da utilizzare talvolta metodi così persuasivi che anche un innocente finirebbe col confessare di aver commesso quei fatti. Per esempio, è perfettamente lecito, per gli inquirenti, ricorrere all’inganno o alla menzogna nella stanza degli interrogatori. Ad alcuni indagati viene comunicato – falsamente – che sono già stati acquisiti elementi di prova a loro carico […]. Ad altri viene detto che saranno condannati in ogni caso, indipendentemente dalla confessione, ma che, se decideranno di confessare, potranno beneficiare di un trattamento più mite. Ad altri ancora è dichiarato che la confessione rappresenta l’unica strada per evitare la pena di morte. Queste tattiche possono essere estremamente efficaci nell’indurre a confessare il falso»[15].

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[1] Nel corso degli anni, l’attività di Innocence Project si estesa anche oltre il confine degli Stati Uniti: esiste oggi un network mondiale (The Innocence Network), composto da 69 organizzazioni in tutto il globo mosse dai medesimi obiettivi: Taiwan, Australia, Nuova Zelanda, Argentina, Sudafrica, Israele, Italia, Irlanda, Francia e Paesi Bassi.

[2] Si veda la sezione “Exonerate the Innocent” del sito del Progetto.

[3] Oltre ai quattro fattori citate nel testo, Innocence Project ha individuato due ulteriori cause frequenti di errori giudiziari: l’assistenza legale inadeguata (inadeguate defense) e l’erronea identificazione da parte dei testimoni oculari (eyewitness misidentification).

[4] Si osserva, infatti, che alcuni metodi scientifici «sono in grado di produrre con regolarità risultati precisi, tuttavia non sono state condotte ricerche sufficienti ad affermarne la validità. La precisione di un metodo dovrebbe essere affermata sulla base di studi ampi e ben progettati. In assenza di studi di questo tipo, i risultati di un’analisi non possono essere interpretati in alcun modo» («[Some of the forensic disciplines in use] may be capable of consistently producing accurate results, but there has not been sufficient research to establish validity. Accuracy of a method should be established using large, well-designed studies. Without these studies, the results of an analysis cannot be interpreted»).

[5] «A volte, con le proprie dichiarazioni, gli esperti sovrastimano o esagerano l’importanza delle associazioni riscontrate tra elementi provenienti dalla cena del crimine e dalla persona dell’indagato, ovvero semplificano eccessivamente le informazioni» («Sometimes forensic testimony overstates or exaggerates the significance of similarities between evidence from a crime scene and evidence from an individual [a “suspect” or “person of interest”], or oversimplifies the data»).

[6] «Sometimes forensic testimony understates, downplays, or omits the significance of an analysis that establishes that an individual should be excluded as a possible suspect […]. Sometimes forensic testimony fails to include information on the limitations of the methods used in the analysis, such as the method’s error rates and situations in which the method has, and has not, been shown to be valid».

[7] «In some cases, forensic analysts have fabricated results, hidden exculpatory evidence, or reported results when testing had not been conducted».

[8] «Some wrongful convictions are caused by honest mistakes. But in far too many cases, the very people who are responsible for ensuring truth and justice – law enforcement officials and prosecutors – lose sight of these obligations and instead focus solely on securing convictions. While many law enforcement officers and prosecutors are honest and trustworthy, criminal justice is a human endeavor and the possibility for negligence, misconduct and corruption exists. Even if one officer of every thousand is dishonest, wrongful convictions will continue to occur».

[9] Soluzioni di questo tipo sono infatti già state adottate in alcuni Stati federati, con la creazione di organismi composti da esperti di giustizia penale (e, talvolta, anche da soggetti ingiustamente condannati e in seguito liberati) che hanno già fornito ai rispettivi governi le prime raccomandazioni su come migliorare la prassi delle indagini, le procedure di laboratorio, l’esercizio della difesa e dell’azione penale e il controllo giurisdizionale. Tra le Commissioni attualmente esistenti, Innocence Project ricorda in particolare la North Carolina Actual Innocence Commission, creata dal Presidente della Corte Suprema dello Stato nel 2002 e composta da 30 membri, la Innocence Commission della Pennsylvania, attiva dal 2006, e le Commissioni istituite in California, Connecticut, Wisconsin e Illinois.

[10] «In some cases, informants come forward voluntarily, often seeking deals or special treatment. But sometimes law enforcement officials seek out informants and give them extensive background on cases – essentially feeding them the information they need to provide false testimony. Incentivized witnesses continue to testify in courtrooms around the country today. In some cases without biological evidence, the incentivized witness’ testimony is the only evidence of guilt. Vital reforms are needed to ensure that unreliable incentivized witnesses are not given undue weight by juries».

[11] V. The Use Of Incentivized Testimony, Innocence Project, 8/2013, p. 1; il report è stato redatto a partire dai risultati del precedente studio di R. Warden, The Snitch System: How Snitch Testimony Sent Randy Steidl and Other Innocent Americans to Death Row: a Center on Wrongful Convictions SurveyCenter on Wrongful Convictions, Bluhm Legal Clinic, Northwestern University School of Law, 2004.

[12] Nel report sono inoltre suggerite soluzioni quali l’adozione di speciali accorgimenti tecnici come la registrazione delle dichiarazioni testimoniali o la fissazione di apposite udienze in fase preprocessuale, deputate a vagliare l’attendibilità dei soggetti indicati nelle liste testimoniali delle parti.

[13] V. R. Warden, The Use Of Incentivized Testimony, cit., p. 2 («[In those wrongful conviction cases], juries believed untruthful informants; it is evident that jury instructions need to be strengthened. States should approve jury instructions that seek both to educate jurors about the long-established fallibility of informant testimony and the specific factors (including implicit or explicit incentives, the informant’s criminal history, information about other times he has provided informant testimony, etc.) that may have influenced the testimony in the particular case at hand. Juries should also be told about how easily an informant can obtain access to information that seemingly only the perpetrator of a crime would know and that informant testimony has been shown to be a large contributing factor to wrongful convictions»).

[14] «[The] common belief that complying with the police by saying that they committed the crime in question will be more beneficial than continuing to maintain their innocence».

[15] «Sometimes law enforcement use harsh interrogation tactics with uncooperative suspects. But some police officers, convinced of a suspect’s guilt, occasionally use tactics so persuasive that an innocent person feels compelled to confess. For instance, it is perfectly legal for law enforcement to employ deception or trickery in the interrogation room. Some suspects are untruthfully told that there is already evidence pointing to their guilt […]. Some suspects have confessed to avoid physical harm or discomfort. Others are told they will be convicted with or without a confession and that their sentence will be more lenient if they confess. Some are told a confession is the only way to avoid the death penalty. These tactics can be persuasive in eliciting a false confession».

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