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Issue 7-8/2020

Il caso: la perdita del permesso di soggiorno di un giovane imprenditore cinese dovuta a un precedente penale e la battaglia legale per ripristinarlo.

La questione giuridica: il testo unico sull’immigrazione, all’art. 4 c. 3, elenca i reati ostativi all’ingresso e al soggiorno del cittadino non europeo. Le condanne per tali reati introducono nel diritto dell’immigrazione degli automatismi o sono possibili dei bilanciamenti?

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Wu è un giovane imprenditore cinese che parla bene italiano.

Me lo presenta una collega che lo ha difeso in un procedimento penale dove era accusato di maltrattamenti in famiglia dalla ex convivente, una connazionale che al processo ha sostanzialmente ritrattato ma che non è stata creduta dal tribunale.

Wu è stato condannato, con rito abbreviato, al minimo della pena, poiché riconosciute in suo favore sia le circostanze attenuanti generiche sia l’attenuante del risarcimento del danno, e gli sono stati concessi tutti i benefici di legge (sospensione condizionale della pena e non menzione sul certificato del casellario).

Tuttavia, basta una sola condanna, per uno dei reati che il testo unico immigrazione qualifica come ostativi (all’ingresso e al soggiorno dello straniero), per vedersi rifiutare il rinnovo del permesso di permanere sul nostro territorio[1]. Anche se si è arrivati in Italia da anni per studiare e si è stati titolari di un permesso di soggiorno per studio, poi convertito in lavoro[2], come nel caso di Wu.

Wu è stato condannato, con rito abbreviato, al minimo della pena […]. Tuttavia, basta una sola condanna, per uno dei reati che il testo unico immigrazione qualifica come ostativi […], per vedersi rifiutare il rinnovo del permesso di permanere sul nostro territorio. Anche se si è arrivati in Italia da anni per studiare e si è stati titolari di un permesso di soggiorno per studio, poi convertito in lavoro, come nel caso di Wu

Per la questura la circostanza di quell’unica condanna qualifica “in automatico” lo straniero come pericoloso per l’ordine e la sicurezza pubblici e, quindi, immeritevole di proseguire con il suo soggiorno in territorio italiano[3].

Il decreto della questura che gli nega il rinnovo del permesso è un duro colpo per Wu, che mi racconta frastornato del momento in cui gli operanti gli hanno ritirato la ricevuta attestante la richiesta di rinnovo del permesso[4]. Il ristorante va bene e impiega una dozzina di lavoratori, di tutte le nazionalità. Wu non si capacita. Non può e non vuole mollare.

Il ristorante va bene e impiega una dozzina di lavoratori, di tutte le nazionalità. Wu non si capacita. Non può e non vuole mollare

L’unica strada da percorrere è quella del ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.), con il quale invocare un più equilibrato giudizio di bilanciamento tra le ragioni securitarie, sostenute dall’amministrazione, e quelle dell’inserimento sociale dello straniero, anche a fronte di una sentenza che gli ha concesso tutti i benefici di legge[5]. L’istanza di sospensiva[6], in calce al ricorso, è decisiva. Se accolta ci sono spesso ottime possibilità di ottenere il ripristino del titolo di soggiorno.

Il termine per impugnare il decreto questorile è di sessanta giorni dalla notifica; momento che per Wu si verifica in pieno luglio[7]. Mi serve tutto questo tempo per raccogliere ogni documento utile a sostenere le sue ragioni[8].

Dopo l’estate Wu mi porta le buste paga corrisposte dalla sua azienda ai lavoratori nell’ultimo anno, le dichiarazioni dei redditi d’impresa e un bilancio di previsione.

L’unica strada da percorrere è quella del ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.), con il quale invocare un più equilibrato giudizio di bilanciamento tra le ragioni securitarie, sostenute dall’amministrazione, e quelle dell’inserimento sociale dello straniero, anche a fronte di una sentenza che gli ha concesso tutti i benefici di legge

La camera di consiglio cautelare, dove si decide se sospendere il decreto, viene fissata per i primi di ottobre. All’esito il T.A.R., come sperato, concede la sospensiva e ordina alla questura di procedere al riesame della vicenda[9]. Per il giudice amministrativo è dirimente anche l’intervenuta riabilitazione di Wu, di cui si è dato conto nelle more del ricorso ed avanzata precedentemente dall’avvocato penalista[10].

Il T.A.R fissa l’udienza per la prosecuzione della causa nel merito a più di un anno dopo e senza stabilire un termine preciso entro il quale la questura debba rivalutare la posizione di Wu.

Dopo alcuni solleciti via posta elettronica all’ufficio immigrazione, ricevo la convocazione per il ripristino provvisorio della ricevuta della richiesta di rinnovo del permesso soggiorno a quattro mesi dall’ordinanza del tribunale. Ricevuta che lo rimette in una posizione di regolarità del soggiorno.

La mattina dell’appuntamento Wu è in coda davanti all’ufficio con i tanti stranieri in attesa del proprio turno con le copie cartacee di tutta la documentazione, già anticipata per posta elettronica, e gli ultimi certificati contabili della ditta.

All’uscita della questura Wu mi manda per whatsapp la foto della ricevuta riconsegnata[11] accompagnata da una faccina sorridente.

La mattina dell’appuntamento Wu è in coda davanti all’ufficio con i tanti stranieri in attesa del proprio turno […]. All’uscita della questura Wu mi manda per whatsapp la foto della ricevuta riconsegnata

Con i colleghi dello studio decidiamo di passare una serata nel suo ristorante e lì conosco direttamente il suo mondo e la variegata provenienza dei suoi dipendenti. Anche lui prende le ordinazioni, disinvolto e informale, immerso nel suo locale allegro e multiculturale.

Passano ancora altri mesi e, finalmente, ricevo dalla questura un messaggio via pec contenente un allegato per Wu.

Si tratta della “revoca in autotutela del rigetto del rinnovo del permesso di soggiorno”[12].

L’amministrazione ha riesaminato la vicenda e deciso nel senso indicato dal tribunale, che dichiarerà così cessata la materia contendere all’udienza di merito[13]. Per Wu è l’ultimo atto di una battaglia durata più di un anno.

Con i colleghi dello studio decidiamo di passare una serata nel suo ristorante e lì conosco direttamente il suo mondo e la variegata provenienza dei suoi dipendenti. Anche lui prende le ordinazioni, disinvolto e informale, immerso nel suo locale allegro e multiculturale

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[1] Per poter fare ingresso e soggiornare in Italia devono essere soddisfatte le condizioni previste dall’art. 4 del testo unico immigrazione (t.u.i.), tra le quali rientra il non essere stati condannati – anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (patteggiamento) – per i reati di cui all’art. 380 c.p.p. (quelli per cui è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza) ovvero per i reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite. Impedisce l’ingresso dello straniero in Italia anche la condanna – in questo caso irrevocabile – per uno dei reati in materia di tutela del diritto d’autore. Da ultimo il decreto “sicurezza” (d.l. n. 113/2018) ha aggiunto come ostativo al permesso il reato di istruzione o ingombro di strada di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 66/1948.

[2] La disciplina del permesso di soggiorno per studio e delle condizioni per la sua conversione in permesso di soggiorno per lavoro è dettata dagli articoli 6, 22, 38, 39, 39-bis, t.u.i., e dagli articoli 14, 44 bis, 45 del regolamento di attuazione del t.u.i. (d.P.R. n. 394/99 e successive modifiche). Il permesso di soggiorno per studio consente lo svolgimento di un’attività lavorativa part-time per un massimo di venti ore alla settimana; ai fini del rinnovo è necessario avere superato almeno due esami all’anno e, in linea di massima, può essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro nell’ambito della quota di conversione stabilita con il decreto flussi. La conversione è sempre possibile (quindi c.d. extra quote) per chi ha conseguito un titolo di studio in un’università italiana (statale o privata legalmente riconosciuta dal MIUR) o ha raggiunto la maggiore età in Italia. La procedura di conversione è telematica (cfr. siti delle Prefetture e del Ministero dell’Interno).

[3] La necessità di operare un giudizio di bilanciamento con altri elementi è espressamente prevista dal t.u.i. solo con riferimento a profili di unità familiare dello straniero grazie all’attuazione della direttiva europea in materia di unità familiare (2003/86/Ce).

[4] Al momento della notifica del decreto di rigetto di rinnovo del permesso di soggiorno la questura procede al ritiro della ricevuta (cartacea) attestante la pendenza del procedimento amministrativo volto, appunto, al rinnovo del titolo. Il decreto questorile contiene anche un ordine di allontanamento dal territorio dello Stato entro quindici giorni ai sensi dell’art. 12, co. 2, d.P.R. 394/99 (regolamento di attuazione del testo unico immigrazione). Tale ordine, se violato, fa scattare la procedura di espulsione vera e propria, accompagnata da un divieto di reingresso e dall’inserimento del nominativo dello straniero nella banca dati del Sistema Informativo Schengen (cfr. P. Oddi, Patrizia e Aldin (caso n. 1), in questa rivista, 6 maggio 2020).

[5] Il ricorso al T.A.R. va presentato entro sessanta giorni dalla notifica del decreto e contiene, normalmente, un’istanza di sospensione dello stesso. Il processo amministrativo è telematico dal 1 gennaio 2017. La questione del bilanciamento in presenza di sentenze di condanna per un reato ostativo è controversa. In assenza di legami familiari la giurisprudenza ha un orientamento spesso restrittivo, cioè ritiene che l’amministrazione sia vincolata a quanto stabilito dal testo unico immigrazione. Tuttavia, come nel caso di Wu, la sussistenza di indici favorevoli al ricorrente – quali i benefici di legge contenuti in sentenza e un procedimento di riabilitazione conclusosi favorevolmente – ha reso consigliabile la presentazione del ricorso.

[6] Il procedimento cautelare è disciplinato dagli art. 55 e seguenti del Codice del processo amministrativo. Il ricorrente deve sostenere di subire un pregiudizio grave e irreparabile durante il tempo necessario a giungere alla decisione del ricorso. In materia di immigrazione tale pregiudizio è sicuramente sempre esistente, poiché la perdita del permesso di soggiorno espone lo straniero all’allontanamento dallo Stato. Perché tale istanza sia il più possibile fondata è opportuno che il ricorso sia bene argomentato e documentato (fumus boni iuris), anche sotto il profilo del pregiudizio arrecato allo straniero dal provvedimento questorile (periculum). Nel caso di Wu l’interruzione della sua permanenza in Italia si riflette pesantemente anche sulla sua attività imprenditoriale.

[7] Secondo l’art. 54, co. 3, del Codice del processo amministrativo la sospensione dei termini dal 1 agosto al 31 agosto non si applica al procedimento cautelare.

[8] L’interruzione del soggiorno di Wu mette a rischio anche i posti di lavoro dei suoi dipendenti.

[9] È prassi frequente che il T.A.R. Lombardia, qualora accolga la sospensiva, ordini alla questura di riesaminare la vicenda, rinviando la trattazione della causa nel merito anche a parecchi mesi di distanza (dando così tempo all’amministrazione di provvedere).

[10] La sentenza di riabilitazione, seppure successiva alla notifica del provvedimento impugnato, è giustamente ritenuta dal T.A.R. un dato rilevante. In linea generale è sempre opportuno consigliare agli stranieri condannati di procedere, in presenza delle condizioni di cui all’art. 179 c.p., alla riabilitazione, poiché i precedenti penali – come nel caso di Wu – ostacolano il mantenimento del soggiorno se ostativi ma incidono anche sulla possibilità di ottenere il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo (art. 9 t.u.i.) e la cittadinanza italiana (legge n. 91/92 e successive modifiche).

[11] La ricevuta attestante la richiesta di rinnovo – qui ripristinata come esito positivo del ricorso e nelle more della sua definizione – equivale al permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 5, c. 9-bis, t.u.i.

[12] È il provvedimento definitivo della questura che torna sui suoi passi e revoca diniego di rinnovo precedentemente emanato.

[13] Essendo stato revocato il provvedimento oggetto del contenzioso il T.A.R. dichiara cessata la materia del contendere. Purtroppo in questo caso (ma ormai è prassi in materia di immigrazione) senza condannare l’amministrazione, di fatto soccombente, a corrispondere al ricorrente onorari e spese del giudizio.

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