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31.07.2019
Paola Emilia Cicerone

Caduta libera

La legge e l’individuo. Una storia di opportunità mancate.

Fascicolo 7-8/2019

Non sempre le storie hanno un lieto fine. Talvolta, infatti, la “semplice” previsione di interventi normativi, aventi come finalità la prevenzione, la repressione o la risocializzazione delle condotte antigiuridiche, è sufficiente a garantire la loro l’efficacia e la loro capacità di incidere sulla realtà delle cose, in quanto esse, purtroppo, non sono in grado di incontrare l’uomo e di orientare realmente il suo comportamento.

La Redazione

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È una storia che mette a disagio, quella di Claudio: storia di una vita apparentemente normale, segnata però da difficoltà, dipendenze, e da una fragilità che s’intuisce dietro al primo giudizio che questo sessantenne educato con l’hobby della pittura dà di se stesso: «forse in me non c’è niente che non vada davvero». Forse.

Ma Claudio racconta di problemi seri, a partire da un primo episodio di rabbia incontrollabile, verificatosi durante il servizio militare, che l’ha portato ad aggredire un superiore. «Temevo di finire al carcere militare di Peschiera, invece mi hanno portato al Paolo Pini: non ero pazzo, avevo avuto un momento disforico», precisa, come se il termine tecnico per definire un’alterazione dell’umore potesse mitigare la confusione e il dolore di quei momenti. «Allora gli ospedali psichiatrici non erano come ora», prosegue, «ci sono rimasto una quindicina di giorni, in terapia farmacologica, poi mio padre è riuscito a tirarmi fuori, altrimenti sarei impazzito davvero». Il padre, scomparso da tempo, è descritto come «la persona più bella del mondo» e resta un riferimento importante anche dal punto di vista affettivo. Più complesso il rapporto con la madre ancora viva, che oscilla tra rimpianto – «quante volte me ne sono approfittato» – e l’irritazione di fronte a una donna descritta come poco affettuosa e tendente alle critiche: «non le va mai bene niente», osserva, «un po’ come mia moglie». Però le due donne restano un punto fermo in una vita segnata da fragilità e dalla difficoltà a portare a termine un progetto.

Temevo di finire al carcere militare di Peschiera, invece mi hanno portato al Paolo Pini: non ero pazzo, avevo avuto un momento disforico

«Quando sono uscito dal Pini, mio padre mi ha portato da un luminare dell’epoca che mi ha messo in terapia con il litio» spiega. La diagnosi attuale sarebbe di sindrome bipolare, all’epoca si parlava di disturbi maniaco depressivi, «ma cambia poco» precisa Claudio. I farmaci, però, funzionano: «questa terapia mi ha fatto bene, è stata ed è un toccasana», commenta, «in quarant’anni avrò avuto forse un episodio, controllo regolarmente il dosaggio del litio nel sangue per accertarmi di non avere problemi. D’altronde, tutti i medici e gli psicologi che hanno avuto a che fare con me mi hanno raccomandato di non smettere, perché rischierei una ricaduta».

Nonostante la terapia però i problemi non sono finiti. Claudio s’iscrive all’università ma non trova una sua strada: «ho fatto cinque esami a Medicina – chimica, fisica, istologia, cose così – ma quando ho cominciato a vedere il sangue, ho capito che non faceva per me», racconta. «Mi sono spostato a Giurisprudenza, ma mi sono bloccato sull’esame di diritto privato, allora ho provato scienze politiche ma anche lì non ho finito, mi manca un esame d’inglese». Che si potrebbe ancora affrontare… «ma per che cosa? Ora mi hanno dato la pensione d’invalidità, 800 €, ed è una fregatura perché sostituisce la pensione con i contributi, che mi spettava visto che ho lavorato tutta la vita», racconta, e precisa: «non perché mi piacesse, non credo a quelli che dicono che il lavoro gli piace. Però mi è servito per avere il rispetto di me stesso e degli altri. E a parte i quattro anni passati in comunità, ho lavorato sempre».

Paradossalmente, proprio la comunità terapeutica che ha risolto un periodo di dipendenza resta nel ricordo come «un’esperienza positiva, una delle più belle della mia vita». Da allora sono passati trent’anni, e Claudio racconta quasi con tono di sfida l’esperienza della droga. Che, almeno apparentemente, nasce dalla curiosità, dalla voglia di fare esperienze: «sono sempre andato in cerca di qualcosa di nuovo», racconta, «forse è vero che in me c’è un atteggiamento autolesionista: ho fatto tante cose, senza portarne davvero a termine nessuna».

Paradossalmente, proprio la comunità terapeutica che ha risolto un periodo di dipendenza resta nel ricordo come «un’esperienza positiva, una delle più belle della mia vita».

Oltre alla droga, ci sono poi i problemi di salute. Nel 2009 una diagnosi di tumore impone trattamenti di chemio e radioterapia che hanno pesanti conseguenze sulla sfera sessuale: «forse è stato questo a mandare in crisi il rapporto con mia moglie», racconta. «Il sesso non andava bene, e lei non è una disposta a fare grandi numeri…». Così nella vita di Claudio entra Sonia, una bella ragazza straniera che fa la escort, e che presto si conquista un ruolo importante: «Sonia è il mio problema, e al tempo stesso la cosa bella della mia vita», sintetizza. Quando la incontra grazie a un amico, Sonia ha solo diciotto anni: «per cinque anni ci siamo visti spesso, all’inizio la pagavo ogni volta, poi ho cominciato a sfoltire: sapevo che lei continuava a vedere anche altri uomini ma non ero geloso, per me è diventato un rapporto di amore», racconta Claudio. E per Sonia? Difficile dirlo, «chi fa il suo lavoro dà un’importanza enorme ai soldi, forse perché non ne ha mai avuti, anche se lei guadagnava molto e non era costretta lavorare sempre», racconta Claudio.

Sonia è il mio problema, e al tempo stesso la cosa bella della mia vita

Lui stesso ammette di aver speso grosse somme per lei – «in casa ciascuno gestisce i propri conti e mia moglie non si è accorta di niente» – e di aver forse dato troppa importanza a questa storia. Ed è in questo periodo che Claudio sperimenta, senza grandi risultati, una terapia psicoanalitica: «me l’aveva suggerita il mio infettivologo perché mi aveva sentito un po’ giù: ho trovato una persona che mi faceva parlare e ascoltava davvero tutto, ma senza darmi degli input… non posso dire di aver risolto qualcosa». Difficile capire cosa non abbia funzionato: «alla fine ho interrotto perché mi sono reso conto che non ottenevo grandi risultati ed era diventato un po’ un impegno», sintetizza Claudio. «Forse non avevo un vero problema. O forse mi ha aiutato, e non me ne sono accorto».

Intanto il rapporto che Claudio descrive come “sadomasochistico” con Sonia procede tra alti e bassi: «lei sembra dolce ma è una iena, una persona difficile, capricciosa», afferma quasi compiaciuto. «Mi somiglia troppo, siamo tutti e due permalosi e litighiamo sempre». Viene da pensare all’Angelo azzurro raccontato da Heinrich Mann e interpretato al cinema da Marlene Dietrich.

Eppure Claudio ammette che Sonia non va bene per lui, il rapporto è intimo, arriva a conoscerne la famiglia ma se gli si chiede se abbia mai pensato di costruire qualcosa con lei, il problema non è solo la differenza d’età: «in fondo è una puttana», commenta. Ciononostante, quando la ragazza è arrestata e poi condannata a cinque anni di carcere per una brutta storia di violenze Claudio le resta vicino, la va a trovare tutti i mesi, le porta «vestiti, biscotti, coperte», ha un cassetto pieno di lettere sue che tiene in ufficio: «quello che ho fatto per quella ragazza lì non l’ho fatto per nessuno», ammette. «I miei amici, i pochi amici veri che conoscono questa storia, mi dicono che sono idiota, che devo lasciarla stare, per questo spesso non racconto quello che mi succede». Di lasciar stare, però, non se ne parla: «ora che è lontana perché è stata rimpatriata farei di tutto per rivederla», afferma.

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In ogni caso, un rimpianto c’è: «mi pesa non essere stato corretto con mia moglie, averle fatto un torto, anche se pure lei non è sempre stata corretta con me», osserva Claudio, «ma cosa avrei potuto fare? Se le avessi detto che sono stato dieci anni con un’altra avrei buttato tutto all’aria. Non deve sapere niente, e se sospettasse qualcosa negherei. Anche l’evidenza». Il legame con la moglie c’è, anche se i due non hanno figli – «lei aveva dei problemi, ed io avrei comunque dovuto fare i conti col virus» – ma con l’altra è diverso. «Mia moglie è anche un bel donnino ma ha sessant’anni, Sonia è un altro pianeta, in lei trovo qualcosa che con mia moglie non avevo». E di cui in passato forse non era emerso il bisogno: «quando avevo diciotto anni avevo una fidanzatina», racconta, «ma è un’altra storia, allora eravamo ragazzi eravamo puri, le volevo bene», racconta Claudio quasi con rimpianto. «Ho avuto anche una fidanzata che è diventata ballerina classica».

Ora invece la lontananza di Sonia lo spinge a frequentare altre donne e altre escort, alcune curiosamente somiglianti al suo oggetto di desiderio. Per Claudio la bellezza è importante: «per un uomo il carattere di una donna e marginale, anche perché poi non è facile capirlo», spiega; «adesso vedo quasi tutti i giorni una ragazza che sta nel mio paese, una straniera sposata con un uomo anziano: è stata lei ad attaccare discorso con me in un bar, ma devo stare molto attento a non farmi scoprire». Però l’attrazione sessuale ha la meglio sulla prudenza. «Io sono così, mi butto nelle cose, nel sesso. Forse il problema è proprio la mia difficoltà di frenarmi, altrimenti non sarei cascato in questa storia con Sonia, avrei valutato con più lucidità, non ci avrei buttato tanti soldi. Perversioni ne ho tante, come tutti, però molti le reprimono; io, se appena posso, le sfogo. Poi ultimamente mi si è scatenata una roba di ormoni: è vero che io non sono un grande amatore, ma più lo fai più ti viene voglia. E poi mi dico, perché devo rinunciare anche a quello?».

Perversioni ne ho tante, come tutti, però molti le reprimono; io, se appena posso, le sfogo

E di recente ha anche pensato al matrimonio con Sonia, che potrebbe essere per lei un’opportunità per tornare in Italia. Ma Claudio stesso ammette che è un’ipotesi irrealistica: «potrei fidarmi di lei? E poi mia moglie è una sicurezza, ha molta pazienza e si prende cura di me. Insieme a mia madre è la persona importante della mia vita».

Ma cosa farebbe se potesse scegliere liberamente cosa cambiare, come risolvere la sua vita? «Non lo so».

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