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«Ma allora, se l’uomo commette reati non per libera scelta della propria volontà, ma per tirannia fatale del proprio organismo anormale o dell’esterno ambiente, come mai si potrà punirlo, tenerlo responsabile di colpe non sue? Aprite, dunque, le carceri e chiudete i tribunali, voi della scuola positiva, che negate o escludete il libero arbitrio! O, se ciò non potete ammettere, perché troppo assurdo e pericoloso per se stesso, sarà soltanto per una contraddizione logica che potrete parlare ancora di diritto penale e di giustizia punitiva! Ecco la obiezione solita, altrettanto spontanea quanto poco illuminata, che ci vien fatta da chiunque crede di poter risolvere alla svelta codesti problemi, colle prime impressioni del sentimento e delle abitudini mentali, e da chiunque non sa sottrarsi a quella tendenza altrettanto facile quanto sbagliata della mente umana, per cui […] ogni modo nuovo di concepire una cosa od un problema passa per esserne la negazione. Ed ecco, tuttavia, il problema vero e fondamentale che si impone alla nuova scienza dei delitti e delle pene. Problema che sembra inestricabile o evitabile soltanto per via di arzigogoli sillogistici, e che tuttavia trova una limpida e precisa decisione nella sola indagine dei fatti sociali».

Il geologo o lo zoologo, volendo spiegarsi il perché della presente configurazione terrestre o della fauna vivente, si condannerebbero ad un lavoro oggi infecondo se si restringessero […] al solo esame descrittivo delle forme attuali. […] Allo stesso modo e per le stesse ragioni, il criminalista sociologo non può più limitarsi alle ricerche di anatomia puramente descrittiva e sillogistica […] sulla delinquenza e sulla penalità, quali si presentano oggi nella società civile o quali vi si osservano di sfuggita nel microcosmo storico: ma deve ricercare nelle manifestazioni più remote della vita i germi elementari e lontani di questa funzione penale

E. Ferri, Sociologia criminale. Terza edizione completamente rifatta di Nuovi Orizzonti del Diritto e della Procedura penale, Fratelli Bocca, 1892, pp. 398 ss.

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«[Occorre] che il legislatore, abbracciando l’andamento dell’attività individuale e sociale e scorgendone le origini, le condizioni, gli effetti, venga a conoscere le leggi psicologiche e sociologiche, per le quali rendersi padrone di una gran parte dei fattori criminosi, e specialmente di quelli sociali, per influire così, in modo indiretto, ma più sicuro, sull’andamento della criminalità».

Che poi si riduce a dire: che alle disposizioni legislative (politiche, economiche, civili, amministrative, penali) dai più grandi istituti ai minimi particolari, sia data una tale orientazione, per la quale l’attività umana, anziché essere minacciata meno efficacemente di repressione, sia guidata in modo continuo e indiretto nelle vie non criminose, con l’offrire libero sfogo alle energie ed ai bisogni individuali, urtandoli il meno possibile e scemando le tentazioni e le occasioni di delinquere

E. Ferri, I nuovi orizzonti del diritto e della procedura penale, Zanichelli, 1884, p. 89

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