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La parola “ontologia” deriva dal greco […] “esistente”. In filosofia, indica l’insieme delle “cose” che una persone giudica esistenti, o l’insieme di cose definite, o presupposte, da una teoria

«Alcuni credono nelle streghe, altri negli elettroni e altri ancora nelle risonanze morfiche e negli abominevoli uomini delle nevi. Esiste però un enorme nucleo comune all’ontologia di tutti gli esseri umani normali a partire dalla più tenera età – un bambino di sei anni ne ha già la maggior parte. Questa parte comune dell’ontologia è stata appropriatamente chiamata “immagine manifesta” da Wilfrid Sellars».

Consideriamo il mondo in cui viviamo, pieno di persone, piante e animali, mobili, case e automobili… […] Queste sono le miriadi di “cose” che possiamo facilmente riconoscere […]. È in questo che l'”immagine” è “manifesta”: è evidente a tutti, e tutti sanno che è evidente a tutti, e tutti sanno anche questo. È associata alla nostra lingua madre; è il mondo secondo noi

«Sellars la contrapponeva all’immagine scientifica, che è popolata da molecole, atomi, elettroni, gravità, quark e chissà cos’altro […]. Queste due versioni del mondo sono piuttosto distinte, come due specie diverse».

Le espressioni “immagine manifesta” e “immagine scientifica” non sono ancora migrate dalla filosofia in altri settori, ma io faccio del mio meglio per esportarle, poiché da tempo mi sembra di non conoscere modo migliore per chiarire la relazione tra il “nostro” mondo e il mondo della scienza

D. Dennett, Dai batteri a Bach. Come evolve la mente, Raffaello Cortina, 2018, pp. 64 ss.

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