Credits to Unsplash.com

Fascicolo 1/2021

***

Leggi qui l’introduzione alle storie di Paolo Oddi.

Leggi le altre storie:

_________________

Il caso: le difficoltà ad acquisire la cittadinanza italiana preoccupano i britannici ai tempi di Brexit.

La questione giuridica: il procedimento di acquisto della cittadinanza italiana, anche per i cittadini europei, presenta alcuni nodi burocratici non sempre di facile soluzione e, di recente, ha subìto modifiche peggiorative in ordine a condizioni e durata.

***

Dopo l’annuncio dell’avvio dell’uscita della Gran Bretagna dalla UE[1] ricevo le chiamate di cittadini britannici residenti in Italia da molti anni, i quali sono molto preoccupati per il futuro e desiderano acquisire al più presto la cittadinanza italiana[2].

Detto traguardo è di grandissima importanza perché ciò significa per loro continuare a essere cittadini anche dell’Unione europea[3].

Temono che il loro paese possa rimanere isolato, tagliato fuori da quell’importante conquista rappresentata dalla libera circolazione delle persone in Europa. Si sentono più continentali che isolani, più cittadini del mondo che cittadini di piccole patrie, e non vogliono essere considerati cittadini di paesi terzi[4].

Dopo l’annuncio dell’avvio dell’uscita della Gran Bretagna dalla UE  ricevo le chiamate di cittadini britannici residenti in Italia da molti anni, i quali sono molto preoccupati per il futuro e desiderano acquisire al più presto la cittadinanza italiana

Patience e Angie sono due signore che, da tempo, hanno scelto l’Italia come luogo dove vivere e che mi affidano la loro pratica.

Patience, da più di vent’anni, ha stabilito la residenza nel nostro paese, cambiando molte città e, infine, approdando a Milano. In Italia ha avuto un figlio, oggi trentenne. Ha un compagno, ma non intende sposarsi, ed ha maturato ben più dei quattro anni di residenza ininterrotta necessari per chiedere la cittadinanza italiana per naturalizzazione[5]. Fino a ieri non ci pensava proprio a diventare italiana ma ora è ansiosa di esserlo.

Angie è una quarantenne che lavora nella moda. In Italia ha sposato un cittadino argentino e con i loro figli vivono in provincia di Como.

Entrambe hanno viaggiato molto. I loro passaporti sono pieni di timbri.

Entrambe non sono pienamente consapevoli delle complessità della nostra legislazione in materia di cittadinanza e dei meandri nei quali bisogna addentrarsi, oltre ai lunghi tempi di attesa della risposta.

Per tutti, europei e non europei, sono necessari due fondamentali documenti per partire con la domanda: il certificato di nascita[6] e il certificato penale emessi dal paese di origine, legalizzati e tradotti per l’uso in Italia[7].

Se prima si è risieduto in altri paesi sarà necessario allegare anche i certificati penali emessi da queste autorità.

Va prestata particolare attenzione al fatto che mentre il certificato di nascita non scade i certificati penali esteri hanno una validità di sei mesi[8], trascorsi i quali bisogna rifarli.

Tutta l’attività è, dunque, una corsa contro il tempo. Ed è una corsa contro il tempo solo per poter presentare la domanda ed avviare il procedimento.

Sia per Patience che per Angie contatto gli uffici britannici, e di alcuni altri paesi dove hanno vissuto, per ottenere i certificati necessari. Ho così modo di constatare che la burocrazia britannica è di un’efficienza notevole. Dalla Gran Bretagna, infatti, i “criminal records” di Patience e Angie arrivano velocemente e non presentano alcuna iscrizione a loro carico.

Tutta l’attività è […] una corsa contro il tempo. Ed è una corsa contro il tempo solo per poter presentare la domanda ed avviare il procedimento

Poi c’è la questione dei redditi. Secondo una prassi consolidata e disciplinata attraverso circolari ministeriali va documentato un reddito minimo, per ciascuno degli ultimi tre anni precedenti all’inoltro della domanda, non inferiore a circa ottomila e duecento euro[9].

Da alcuni anni i redditi si autocertificano, così come il casellario penale italiano (che è l’altro elemento richiesto), ma ovviamente bisogna fare molta attenzione a quello che si scrive, pena una denuncia per false dichiarazioni[10].

Mentre per Angie non ci sono problemi, Patience, che ha fatto lavori più discontinui, ha maggiori difficoltà a dimostrare questo parametro. Decidiamo così di indicare anche i redditi del figlio con il quale convive.

L’inoltro della domanda si fa per via telematica, caricando sul sistema del Ministero dell’interno tutti i documenti scannerizzati.

Ad Angie viene subito attribuito un codice di protocollo associato alla sua pratica.

Codice che per tutti inizia sempre con la lettera K.

Con Patience l’amministrazione procede più lentamente ma anche a lei, infine, viene attribuito il codice K.

Ulteriore e fondamentale passaggio è la convocazione in prefettura per la consegna dei documenti in originale, che avviene per entrambe non molto tempo dopo l’avvio dei rispettivi procedimenti.

Da questo punto in poi il richiedente ed il suo legale possono seguire l’evolversi della domanda, inserendo le credenziali, tramite il sito del ministero, anche se – per lungo tempo – comparirà la laconica scritta “istruttoria in corso”. Qualora l’amministrazione, durante l’istruttoria, verificasse delle ragioni impeditive alla concessione sarà tenuta a notificare un preavviso di rigetto per consentire al richiedente di chiarire la sua posizione[11].

Se tutto filerà liscio Angie e Patience, in quattro anni, diventeranno finalmente italiane.

E saranno delle anglosassoni orgogliose di essere ancora cittadine dell’Unione europea.

Se tutto filerà liscio Angie e Patience, in quattro anni, diventeranno finalmente italiane. E saranno delle anglosassoni orgogliose di essere ancora cittadine dell’Unione europea

Post scriptum.

Nel frattempo Angie è diventata cittadina italiana mentre Patience è in attesa di definizione della sua pratica[12].

***

Con l’entrata in vigore del d.l. 113/2018, convertito con modifiche nella legge 1 dicembre 2018, n. 132, per le domande presentate a decorrere dal 4 dicembre 2018, dovrà essere verificato il requisito della conoscenza della lingua italiana, pena la declaratoria di inammissibilità dell’istanza. All’art. 9 della l. 91/92 è stato, infatti, aggiunto un comma (9.1) secondo il quale «la concessione della cittadinanza italiana ai sensi degli articoli 5 e 9 è subordinata al possesso, da parte dell’interessato, di un’adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue (QCER)».

A ciò sono esonerati solo coloro che sono in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o che abbiano sottoscritto l’accordo di integrazione.

Non rientrano dunque, in questa categoria, i cittadini europei, ai quali per soggiornare oltre i tre mesi è richiesta la sola iscrizione anagrafica, oltre alla dimostrazione dell’attività lavorativa svolta (o del possesso di risorse economiche sufficienti al soggiorno) e la titolarità di una polizza di assicurazione sanitaria[13].

Con circolare del 22 marzo 2019 il Ministero dell’Interno ha ulteriormente informatizzato tutta la procedura e da settembre 2020 ogni soggetto che presenta la domanda dovrà essere dotato del c.d. SPID.

La recente prassi, in applicazione di detta circolare, è che a seguito dell’invio della domanda (attestato da relativa ricevuta) la Prefettura effettua un previo controllo strettamente formale circa la ricevibilità della stessa. Se ritenuta irricevibile essa viene rifiutata. Se accettata verrà attribuito il codice K e successivamente il richiedente convocato per la consegna dei documenti.

A Milano, a causa della pandemia Covid, gli appuntamenti per la consegna stanno subendo forti ritardi.

 

___________

[1] Il 23 giugno 2016 i cittadini britannici con referendum votano a favore dell’uscita dalla UE (su tutto il processo di Brexit si v. quanto pubblicato a questo link). La Gran Bretagna ha lasciato la UE il 31 gennaio 2020 e da quel momento è iniziato un periodo transitorio che dovrebbe durare fino al 31 dicembre 2020.

[2] La legge sulla cittadinanza attualmente in vigore è la l. 5 febbraio 1992, n. 91. La cittadinanza italiana è, prima di tutto, jure sanguinis, cioè si diventa cittadini se si nasce da cittadini italiani (art. 1). Gli stranieri che risiedono in Italia da un certo numero di anni possono chiederla, a determinate condizioni, per naturalizzazione: gli extracomunitari dopo almeno 10 anni di ininterrotta residenza, i cittadini europei dopo almeno 4 anni [(art. 9, c. 1, lett. f) e d)]. Si tratta, in questi casi, di una vera e propria “concessione” da parte dello Stato e l’atto si caratterizza per una forte discrezionalità, poiché qui, indipendentemente dal possesso dei requisiti formali, l’Amministrazione effettua una valutazione di opportunità che persegue l’interesse pubblico (atti c.d. di alta amministrazione).
Altre fonti rilevanti sono il D.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572 (il regolamento di esecuzione) e il D.P.R. 18 aprile 1994, n. 362 (regolamento dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana), oltre a una serie di circolari ministeriali. Negli ultimi due anni il decreto sicurezza n. 113/2018 e la sua recentissima riforma (d.l. 130/2020 in corso di conversione) hanno modificato la l. 91/92 introducendo (il primo) una ipotesi di revoca della cittadinanza a seguito di condanna per taluni reati e riguardante (ovviamente) i soli “naturalizzati” – disposizione abrogata dal d.l. 130/2020 –; nonché circa la durata del procedimento amministrativo passando dai 2 anni originariamente previsti (termine ordinatorio comunque mai rispettato), ai 4 anni (decreto sicurezza c.d. Salvini), sino ai 3 anni del d.l. 130/2020. Detto termine scatterà però solo a partire dalla conversione in legge del decreto stesso. Una più complessiva e moderna riforma della legge, che recepiva le trasformazioni della società italiana, e che si proponeva di introdurre nel nostro ordinamento un c.d. jus soli temperato e il c.d. jus culturae, promossa dalla società civile (si veda la campagna “L’Italia sono anch’io”), è ferma per veti politici.

[3] La cittadinanza europea, che si aggiunge a quelle nazionali, è il grande portato del Trattato di Maastricht sull’Unione Europea (UE) del 1992. Essa dà accesso ad alcuni importanti diritti (si veda in proposito quanto pubblicato qui).

[4] Hanno ben chiaro che essere cittadini extracomunitari rappresenta una condizione deteriore in termini di diritti. È evidente constatare come lo slittamento da una condizione più garantita (quella di europei) ad una foriera di incertezza e precarietà sia fonte di preoccupazioni.

[5] Art. 9, c. 1, lett. d), l. 91/92.

[6] Ha una validità illimitata nel tempo, come tutti i certificati che comprovano stati, qualità personali e fatti non soggetti a modificazioni nel tempo. Una volta ottenuto esso non scade.

[7] Finalmente, con l’entrata in vigore del Regolamento 2016/1191 il 16 febbraio 2019, viene introdotto un regime agevolato per l’utilizzo dei documenti pubblici rilasciati da uno Stato membro della UE ai cittadini europei; documenti che devono essere accettati come autentici in un altro paese membro senza necessità di legalizzazione e di Apostille. Questo importante regolamento promuove la circolazione delle persone,

[8] Perché sono certificati che riguardano una situazione variabile nel tempo. Anche il certificato di matrimonio o dello stato di famiglia, rilasciati dal paese d’origine, hanno una validità massima di sei mesi per la medesima ragione.

[9] Sul punto si veda la circolare del Ministero dell’Interno prot. K.60.1 del 5 gennaio 2007, dove si precisa; 1) che la valutazione del limite di reddito è riferita non solo alla posizione strettamente individuale del richiedente ma in relazione al reddito dell’intero nucleo familiare; 2) che valgono i redditi dichiarati nella domanda anche se il momento di perfezionamento del relativo iter avviene «decorso un considerevole lasso di tempo allo scopo di consentire che i tempi procedurali necessari per la concessione della cittadinanza operino, ove possibile, in senso favorevole al richiedente». La circolare ribadisce che l’acquisto della cittadinanza italiana per naturalizzazione (art. 9, l. 91/92) è «per concorde opinione della giurisprudenza di natura “squisitamente discrezionale” […] L’accertamento è altresì rivolto all’esistenza dell’interesse pubblico generale, nonché alla capacità dell’interessato di disporre di mezzi adeguati a garantirgli l’autosufficienza economica e il soddisfacimento degli obblighi di solidarietà». Per quanto concerne quest’ultimo aspetto il ministero sottolinea che «il parametro assunto da questo Dicastero, sulla base del consolidato orientamento del Consiglio di Stato è, per il singolo individuo, quello previsto dal d.l. n. 382 del 25/11/1989, convertito con legge 25 gennaio 1990, n. 8, per l’esenzione della partecipazione alla spesa sanitaria, pari a circa 8.300 euro».

[10] Consiglio di farsi sempre consegnare gli ultimi tre CUD o dichiarazioni dei redditi per verificare gli importi propri e/o dei propri familiari; nonché di verificare copia del certificato del casellario penale.

[11] È l’avviso di avvio del procedimento amministrativo volto al rigetto ex art. 10 bis della l. 241/90.

[12] Grazie alla dott.ssa Irene Pavlidi dello Studio Incipit che ha condiviso con me questo e molti altri casi, nel suo ruolo prezioso di consulente legale esperta di immigration law.

[13] Sul tema v. ampiamente A. Lang, Il soggiorno del cittadino dell’Unione europeo, Giuffré, 2017.

Altro

Un incontro di saperi sull’uomo e sulla società
per far emergere l’inatteso e il non detto nel diritto penale

 

ISSN 2612-677X (sito web)
ISSN 2704-6516 (rivista)

 

La Rivista non impone costi di elaborazione né di pubblicazione