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La maggior parte degli scienziati da me conosciuti hanno sentito – non meno profondamente dei non-scienziati da me conosciuti – che la condizione individuale di tutti noi è tragica

Ciascuno di noi è solo: talvolta sfuggiamo alla solitudine con l’amore o l’affetto o, forse, in certi momenti di creazione, ma questi trionfi della vita sono piccole zone illuminate che ci creiamo, mentre il margine della strada rimane avvolto nell’oscurità: ciascuno di noi muore solo.

Ho conosciuto scienziati che credevano nella religione rivelata. Forse per loro il senso della condizione tragica non è così forte. Non so. Per la maggior parte delle persone di profondo sentire, per quanto coraggiose e felici, e qualche volta soprattutto per quelle più felici e più coraggiose, quel senso della condizione tragica sembra costituzionale, parte del peso della vita.

Questo vale per gli scienziati che ho meglio conosciuto, come per chiunque altro.

Ma quasi tutti – ed è qui che veramente si manifesta il colore della speranza – non vedrebbero alcuna ragione perché, proprio per il fatto che la condizione individuale è tragica, lo debba essere anche la condizione sociale

Ciascuno di noi è solo; ciascuno di noi muore solo: bene, è un destino contro il quale non possiamo lottare […].

Ma nella nostra condizione ci sono molte cose che non dipendono dal destino, e se non lottassimo contro di esse saremmo men che uomini

C.P. Snow, Le due culture (1959), Feltrinelli, 1964, p. 7.

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