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16.09.2020
Stefania Amato

È tempo per un finale diverso

Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire: dopo la sentenza Citraro e Molino c. Italia, un’altra occasione in cui lo Stato italiano non tutela adeguatamente la salute e la vita di un detenuto con problemi psichiatrici. I difensori, prima che sia troppo tardi, ricorrono alla Corte EDU e ottengono un provvedimento urgente ai sensi dell’art. 39 del Regolamento

Fascicolo 9/2020

Abstract. La riflessione pone a confronto le storie di due persone detenute affette da problemi psichiatrici: Antonio Citraro, morto suicida in carcere quasi vent’anni fa, i genitori del quale hanno recentemente ottenuto una condanna dello Stato italiano dalla Corte EDU, e un altro detenuto a rischio, la cui vita non viene oggi adeguatamente tutelata, mentre una tortuosa vicenda davanti alla Magistratura di Sorveglianza non pare trovare sbocco. E non è colpa del COVID.

SOMMARIO: 1. Suicidi in carcere: una follia. – 2. La sentenza Citraro e Molino c. Italia. – 3. Un nome, due persone, tante storie simili. –  4. Prove per un finale diverso. –  5. Una decisione importante.

 

«Il dottore si era rimesso in piedi e ascoltava Coupeau,
che adesso vedeva di nuovo i fantasmi in pieno giorno.
Alle parteti gli pareva di scorgere certe ragnatele
grosse come le vele di una nave!
Poi, queste ragnatele diventavano reti
con le maglie che si stringevano e si allungavano…»

 

Emile Zola – Lo scannatoio

 

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