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06.05.2020
Carlotta de Luca

Emergenza Covid-19 e ordinamento penitenziario: le novità del d.l. n. 28/2020

Modifiche urgenti in materia di permessi e detenzione domiciliare nei confronti di condannati per delitti di particolare gravità

Fascicolo 5/2020

Allo scopo di arginare il recente fenomeno delle scarcerazioni di soggetti appartenenti alla criminalità organizzata ristretti nel carceri italiane, è stato emanato il decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, il quale introduce, tra l’altro, alcune modifiche e limitazioni riguardanti la disciplina della detenzione domiciliare e dei permessi. Pubblichiamo qui il testo integrale del decreto (per leggere il quale, clicca su “apri allegato”) unitamente a una prima scheda di analisi delle novità introdotte dallo stesso in materia di ordinamento penitenziario.

La redazione

***

1. Tra le molteplici misure urgenti e transitorie recentemente adottate nel settore penitenziario per il contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19[1], si distingue l’art. 2 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, rubricato “Disposizioni urgenti in materia di detenzione domiciliare e permessi”, che apporta alcune significative modifiche di carattere permanente agli artt. 30 bis e 47 ter della legge 26 luglio 1975, n. 354.

Prima di analizzare il contenuto delle modifiche introdotte con riguardo alle suddette misure – detenzione domiciliare e permessi –, occorre da subito evidenziarne il tratto comune ad entrambe, che consiste essenzialmente nell’introduzione di un’interlocuzione obbligatoria, precedente alla concessione del permesso o della misura alternativa alla detenzione, da realizzarsi mediante uno scambio di pareri non vincolanti tra le autorità competenti. Si tratta di un meccanismo teso ad apprestare maggiori cautele in sede di concessione dei permessi di necessità e della detenzione domiciliare c.d. umanitaria ex art. 47 ter c. 1 ter o.p. nei confronti dei condannati per taluni reati di spiccata gravità. Il riferimento è, in particolare, ai soggetti che abbiano riportato una condanna per uno dei delitti contemplati dall’art. 51, commi 3 bis e 3 quater, c.p.p., nonché ai detenuti sottoposti al regime carcerario differenziato di cui all’art. 41 bis o.p.

Il tratto comune ad entrambe [le misure] consiste essenzialmente nell’introduzione di un’interlocuzione obbligatoria, precedente alla concessione del permesso o della misura alternativa alla detenzione, da realizzarsi mediante uno scambio di pareri non vincolanti tra le autorità competenti

È opportuno inoltre evidenziare che le interpolazioni legislative, di cui si dirà a breve, si collocano in risposta ai recenti provvedimenti emessi dalla magistratura di sorveglianza, con cui è stata disposta la scarcerazione di noti ex esponenti della criminalità organizzata, detenuti in regime di 41 bis o.p., che hanno suscitato clamore e accese polemiche nell’opinione pubblica.

 

2. In un siffatto scenario si inserisce, anzitutto, la modifica che incide direttamente sulla fisionomia dell’art. 30 bis p., mediante l’aggiunta di un ulteriore periodo all’interno del primo comma, ove si prevede che l’autorità competente, prima di pronunciarsi sulla richiesta di permessi, debba obbligatoriamente chiedere il parere del procuratore distrettuale («procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il tribunale che ha emesso la sentenza»), qualora si tratti di detenuti per uno dei reati di cui agli art. 51, commi 3 bis e 3 quater, c.p.p. e, nel caso di detenuti sottoposti al regime previsto dall’art. 41 bis o.p., anche di quello del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. In tale ultima ipotesi, il parere è finalizzato, nello specifico, a ricevere puntuali informazioni in ordine all’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata e, dunque, alla permanenza della pericolosità sociale in capo al detenuto richiedente.

Le interpolazioni legislative […] si collocano in risposta ai recenti provvedimenti emessi dalla magistratura di sorveglianza, con cui è stata disposta la scarcerazione di noti ex esponenti della criminalità organizzata, detenuti in regime di 41 bis o.p., che hanno suscitato clamore e accese polemiche nell’opinione pubblica

Si precisa, altresì, che, «salvo ricorrano esigenze di motivata eccezionale urgenza», la concessione del permesso di necessità non può avvenire prima di ventiquattro ore dall’avanzamento della richiesta dei pareri ai suddetti organi.

Inoltre, l’art. 2, c. 1, lett. a), n. 2 d.l. n. 28/2020 amplia la sfera dei destinatari della comunicazione concernente i permessi concessi e i relativi esiti, già prevista dall’art. 30 bis, comma 9, o.p., che, nel caso di condannati per i delitti ex art. 51, commi 3 bis e 3 quater, c.p.p. e di detenuti sottoposti al regime dell’art. 41 bis o.p., deve indirizzarsi, rispettivamente, al procuratore distrettuale ed al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.

 

3. Per ciò che attiene, invece, alle novità apportate in materia di detenzione domiciliare, realizzate attraverso l’inserimento di un inedito comma 1 quinquies nell’art. 47 ter p., si rileva che l’intervento riguarda esclusivamente i casi di detenzione domiciliare c.d. umanitaria o “in surroga”, disciplinata dall’art. 47 ter, c. 1 ter, o.p., la cui applicazione è ancorata alla sussistenza dei medesimi presupposti che giustificano il rinvio obbligatorio o facoltativo della pena ai sensi degli artt. 146 e 147 c.p., espressamente richiamati dalla norma poc’anzi citata. Si tratta, infatti, dell’unica forma di detenzione domiciliare che può essere concessa nei confronti di qualunque detenuto, a prescindere, cioè, dalla tipologia di reato commesso, dal quantum di pena – espiata o espianda – nonché da ogni giudizio sulla meritevolezza dell’accesso alla misura[2].

È proprio ricorrendo all’istituto del differimento – facoltativo, nel caso di specie – della pena nelle forme della detenzione domiciliare c.d. “umanitaria” che, come anticipato, è stato possibile disporre la liberazione di due ex vertici di associazioni di stampo mafioso, da parte, rispettivamente, del Tribunale di sorveglianza di Sassari[3] e del Magistrato di Sorveglianza di Milano[4], sul presupposto della sopravvenuta incompatibilità tra lo stato di salute dei detenuti ed il regime carcerario differenziato cui erano sottoposti. In entrambi i casi, è stato infatti ritenuto soddisfatto il requisito della sussistenza di gravi condizioni di infermità fisica, indicato dall’art. 147, c. 1, n. 2 c.p., in ragione non solo dell’età avanzata e della presenza di pregresse patologie particolarmente serie e gravi, ma soprattutto dell’impossibilità di garantire, all’interno delle mura carcerarie, l’effettiva tutela del diritto alla salute dei detenuti, a causa all’attuale emergenza sanitaria, nonché del correlato rischio di contagio «indubitabilmente più elevato in un ambiente ad alta densità di popolazione come il carcere».

In attuazione di un delicato bilanciamento tra l’esigenza di tutela del diritto alla salute del detenuto e l’interesse della collettività all’ordine ed alla sicurezza sociale, tali provvedimenti si pongono a conferma dell’orientamento giurisprudenziale, ormai consolidato, che ritiene applicabile la detenzione domiciliare «in luogo del rinvio dell’esecuzione della pena, in tutti i casi in cui, malgrado la presenza di gravi condizioni di salute […], residui un margine di pericolosità sociale che faccia ritenere ancora necessario un controllo da parte dello Stato»[5].

Sulla scia delle recenti modiche apportate in materia di permessi, sopra brevemente illustrate, anche il nuovo art. 47 ter, co. 1 quinquies, o.p. si muove nell’ottica di rafforzare il canale di comunicazione che deve precedere la concessione della detenzione domiciliare, ovvero la sua proroga, nei confronti dei detenuti per uno dei delitti di cui all’art. 51, commi 3-bis e 3-quater c.p.p. o sottoposti al regime previsto dall’art. 41 bis o.p.

Analogamente a quanto previsto dalla nuova formulazione dell’art. 30 bis, c. 1, ultimo periodo, o.p., la modifica in oggetto si risolve infatti nella richiesta obbligatoria del preventivo parere del procuratore distrettuale ovvero del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, a seconda dei casi.

Anche il nuovo art. 47 ter, co. 1 quinquies, o.p. si muove nell’ottica di rafforzare il canale di comunicazione che deve precedere la concessione della detenzione domiciliare, ovvero la sua proroga […]. La modifica in oggetto si risolve infatti nella richiesta obbligatoria del preventivo parere del procuratore distrettuale ovvero del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo

Più nel dettaglio, si specifica che i pareri debbano essere inviati al magistrato di sorveglianza e al tribunale di sorveglianza entro il termine, rispettivamente, di due e quindici giorni dalla ricezione della richiesta. La natura non vincolante dei predetti pareri si evince, in particolare, dalla possibilità, per le autorità competenti, di procedere anche qualora gli stessi non siano pervenuti alla scadenza dei termini fissati ex lege, purché ciò non sia ostacolato da esigenze di motivata ed eccezionale urgenza.

Così formulata, la disposizione di cui al comma 1 quinquies dell’art. 30 ter o.p. sembra, dunque, autorizzare la concessione della detenzione domiciliare surrogatoria anche nell’ipotesi in cui non si abbia effettiva e sicura conoscenza dell’attualità del mantenimento di legami con la criminalità organizzata, a causa della mancata tempestiva risposta degli organi interpellati, detentori di tali preziose informazioni. Tale indicazione potrebbe pertanto risultare problematica, specialmente se si considera che, all’opposto, l’art. 4 bis c. 3 bis o.p.[6] vieta espressamente l’assegnazione del lavoro all’esterno, dei permessi premio e delle misure alternative alla detenzione al cospetto della perdurante esistenza di vincoli con la criminalità organizzata, che deve formare oggetto di apposita comunicazione da parte del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo o del procuratore distrettuale.

Da ultimo, si osserva che l’assenza di qualsiasi prescrizione inerente al contenuto del parere non consente di definire in termini di doverosità l’onere motivazionale in capo all’autorità chiamata ad esprimersi. È tuttavia evidente che una siffatta opzione ermeneutica striderebbe con la delicatezza delle valutazioni implicate dalla materia de qua.

L’assenza di qualsiasi prescrizione inerente al contenuto del parere non consente di definire in termini di doverosità l’onere motivazionale in capo all’autorità chiamata ad esprimersi

Si auspica, dunque, che questi aspetti possano ricevere maggiore attenzione in sede di conversione del testo normativo.

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[1] V., in particolare, art. 10, comma 14, d.l. 2 marzo 2020, n. 9, recante “Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, in G.U. n. 53 del 2 marzo 2020 – Serie Generale; art. 2, commi 8 e 9, d.l. 8 marzo 2020, n. 11, recante “Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria”, in G.U. n. 60 dell’8 marzo 2020 – Serie Generale; artt. 123 e 124 l. 24 aprile 2020, n. 27, in G.U. n 110 del 29 aprile 2020 – Serie Generale, di conversione, con modifiche, del d.l. n. d.l. 17 marzo 2020, n. 18, recante “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Proroga dei termini per l’adozione di decreti legislativi”.

[2] A tal proposito, si ricorda infatti che l’art. 47 ter c. 1 o.p. esclude espressamente i condannati per i delitti contemplati dagli artt. 51, c. 3 bis e 3 quater, c.p.p. e dall’art. 4 bis o.p. – cui rinvia l’art. 41 bis c. 2 o.p. – dal novero dei soggetti che, al superamento dei settant’anni di età, possono beneficiare della detenzione domiciliare, purché non siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza.

[3] Il testo dell’ordinanza richiamata, datata 23 aprile 2020, è consultabile su DPU – il blog, a questo indirizzo.

[4] Per un commento al provvedimento del Magistrato di Sorveglianza di Milano del 20 aprile 2020, v. S. Raffaele, Dal 41-bis ai domiciliari: l’ordinanza “Bonura”, in questa rivista, 29 aprile 2020.

[5] V. Cass. pen, sez. I, 14 gennaio 2011 (dep. 9 febbraio 2011), n. 4570, Rv. 249794. Sulla questione, si segnala anche Cass., pen, sez. I, 17 maggio 2019 (dep. 19 giugno 2019), n. 27352, Rv. 276413, ove si afferma che «ai fini dell’accoglimento di un’istanza di differimento facoltativo dell’esecuzione della pena detentiva per gravi motivi di salute, ai sensi dell’art. 147, comma primo, n. 2, cod. pen., non è necessaria un’incompatibilità assoluta tra la patologia e lo stato di detenzione, ma occorre pur sempre che l’infermità o la malattia siano tali da comportare un serio pericolo di vita, o da non poter assicurare la prestazione di adeguate cure mediche in ambito carcerario, o, ancora, da causare al detenuto sofferenze aggiuntive ed eccessive, in spregio del diritto alla salute e del senso di umanità al quale deve essere improntato il trattamento penitenziario».

[6] Sul punto, cfr. Cass., pen, sez. I, 20 marzo 2015 (dep. 20 aprile 205), n. 16374, Rv. 263381, la quale precisa che «la valutazione espressa dal procuratore nazionale o distrettuale antimafia, ostativa alla concessione del beneficio, sull’attualità dei collegamenti tra il detenuto e la criminalità organizzata, sebbene non vincolante per il giudice, deve tuttavia formare oggetto di specifico vaglio da parte del medesimo, con la conseguenza che l’omissione di tale doveroso scrutinio comporta la nullità del provvedimento di concessione di benefici».

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