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25.03.2020
Raffaele Bianchetti

Il coraggio di osare

Alla ricerca di soluzioni sensate per detenuti a rischio di contagio da Coronavirus

Fascicolo 3/2020

La vita è il bene più importante da preservare[1].

Nessuno deve sentirsi abbandonato.  È questo l’obiettivo perseguito dal Governo fin dall’inizio dell’epidemia di Coronavirus e l’approvazione del d.l. 17 marzo 2020 n. 18, il c.d. “Cura Italia”, lo dimostra ai cittadini[2].

Del resto, come dice il Capo dello Stato, «alla cabina di regia costituita dal Governo spetta assumere […] le necessarie decisioni»[3] in questa situazione emergenziale e lo deve fare con senso di responsabilità. Già, perché è proprio su quest’ultimo aspetto, quello del senso di responsabilità, sia dei cittadini sia delle istituzioni, che si gioca l’attuale partita, essendo questa la più efficace risposta che può essere data per la tutela della salute di tutti quanti[4].

Eppure, nonostante le dichiarazioni del Governo, le soluzioni ad oggi adottate dal Consiglio dei Ministri per contenere il rischio di diffusione dell’epidemia di Coronavirus nel contesto penitenziario paiono limitate e davvero poco efficaci. E il disagio e le preoccupazioni dei detenuti per questa situazione continuano a crescere tanto che essi si sono rivolti direttamente, con una missiva che pare un grido di aiuto, al Capo dello Stato, a Sua Santità Papa Francesco e al Presidente del Consiglio[5].

Ad ogni modo, quel che perplime e che in questa sede si vuole rendere noto al fine di stimolare le più opportune riflessioni, è una serie di fatti e di circostanze che di seguito si riportano.

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1. Con documento del 15 marzo 2020, a firma congiunta dei Presidenti dei Tribunali di Sorveglianza di Milano e di Brescia, è stata segnalata al Ministero della Giustizia la gravissima situazione degli istituti penitenziari della Lombardia a seguito dell’emergenza derivante dalla diffusione del contagio da Covid-19. Di tale segnalazione, al fine di comprenderne la rilevanza, si riproducono alcuni stralci:

«Gli istituti penitenziari versano in situazione di gravissimo collasso. Nonostante il massimo impegno del Provveditore Regionale, delle Direzioni degli Istituti, dei Comandanti della Polizia e degli agenti di Polizia Penitenziaria, che si possono definire tutti eroi dell’emergenza che stiamo vivendo, la diffusione del virus all’interno degli istituti costituisce una situazione altamente depotenziante la possibilità di controllo degli stessi.

I gravissimi episodi di rivolta, sinora assolutamente contenuti, potrebbero crescere senza possibilità di contenimento.

In Lombardia e ben prima del resto d’Italia sono stati adottati, come Ella sa per averglieli trasmessi sin dal palesarsi della pandemia, i provvedimenti di restrizione delle uscite in esecuzione delle semilibertà, dei programmi di trattamento ex art. 21 O.P., dei permessi-premio.

I pericoli di contagio sono tuttavia costantemente presenti e attualmente stanno producendo i loro tragici frutti, a causa della diffusione del morbo e dei dati che sono rassegnati quotidianamente anche alla Sua attenzione.

Abbiamo costituito sul territorio un gruppo di lavoro al nostro interno e profuso  massimo impegno per incentivare la decisione di misure alternative per alleggerire la pressione delle presenze non necessarie del carcere che, mai come in questo periodo va ricordato, costituisce l’extrema ratio, nel sistema dell’esecuzione penale. Le decisioni che pur sollecitamente possono essere adottate, se si devono confrontare con il rispetto di una normativa prevista per i tempi ordinari, richiedono una tempistica non adeguata alla situazione di assoluta emergenza che la Lombardia sta vivendo […].

Gli agenti della Polizia Penitenziaria sono allo spasimo, sfiniti da turni senza riposo ed esposti al rischio di contagio, là dove non già e consistentemente colpiti dalla malattia.

Gli UEPE sono in parte chiusi e ridotti all’osso; le aree trattamentali in alcune zone sono decimate.

I nostri Uffici giudiziari, nei quali abbiamo dovuto provvedere ad adattare l’organizzazione alla tutela della salute ai lavoratori  ­– magistrati e personale amministrativo – che ivi operano, sono collassati nello sforzo di provvedere alla gestione delle udienze con i detenuti ed è prevedibile/verosimile attendersi che neppure i soli presidi d’urgenza potranno sopravvivere nel breve termine […].

La presente segnalazione, nel rassegnare una situazione che vede la responsabilità istituzionale sulla tutela della salute nel carcere quale focolaio di possibili infezioni, ingestibile nel momento in cui il virus si dovesse diffondere con l’intensità che si registra nella regione Lombardia, necessita di immediata attenzione. Gli enormi sforzi fatti fino ad ora e ad Ella rappresentati, devono adesso essere orientati a provvedimenti che consentano immediatamente di alleggerire le presenze del carcere.

La nota situazione del sovraffollamento carcerario, fenomeno endemico in tutto il territorio nazionale, è particolarmente sentita e presente negli istituti penitenziari della Lombardia.

Nell’ambito quindi del nostro dovere di vigilanza sull’organizzazione degli istituti di prevenzione e pena del territorio, Le prospettiamo una situazione emergenziale mai vista prima.

Il sovraffollamento impedisce che vengano adottate le misure precauzionali che a tutta la popolazione non detenuta si raccomandano e rischia di acuire nuovamente tensioni intollerabili. Non sono naturalmente giustificate né giustificabili le rivolte che si sono verificate e che hanno viste direttamente impegnate anche le sottoscritte nella gestione delle trattative al fine di ricondurre alla calma i rivoltosi.

Occorre però considerare che non tutta la popolazione detentiva ha partecipato alle rivolte. Il dato infatti è che sui 19 istituti penitenziari della Lombardia (13 nel Distretto di Milano e 6 a Brescia) hanno aderito alla rivolta 4 istituti e cioè Cremona nel Distretto di Brescia e Milano San Vittore, Milano Opera e Pavia nel Distretto di Milano. In particolare, la rivolta ha riguardato 1270 detenuti su un totale di 8.500 detenuti circa.

Peraltro l’approccio trattamentale non è risultato inficiato da partecipazioni legate a persone arrestate o comunque ancora non avviate a percorsi trattamentali, il cui valore e la cui forza non sono ancora una volta messi in discussione […].

Le rappresentiamo quindi la necessità di deflazionare i reparti con forti interventi normativi e di immediata applicabilità.

La Magistratura di Sorveglianza è preposta alla tutela delle condizioni di salute della popolazione detenuta e con questa nota si fa carico nuovamente di segnalare la prioritaria esigenza di assicurare il rispetto del diritto alla salute, in un momento nel quale la proiezione del pericolo di diffusione del contagio è un dato, oltre che assolutamente ragionevole, purtroppo prevedibile.

Le rappresentiamo, nell’ottica del dovere di prospettazione, le esigenze dei vari servizi e l’attenzione al trattamento rieducativo, peraltro condivisibilmente sospeso nella sua maggior parte, in ragione del pericolo di diffusione del virus.

In tale contesto appare quindi indispensabile prevedere disposizioni di agile applicazione, come il momento richiede.

Si consideri che gli istituti penitenziari non potranno permettersi i piantonamenti in ospedale dei detenuti che a causa della diffusione del virus dovessero essere intubati o comunque sottoposti a cure non praticabili all’interno del carcere, carente anche di spazi di isolamento.

Veniamo quindi a chiederLe di valutare provvedimenti normativi di immediata applicazione e che non richiedano il vaglio della Magistratura di Sorveglianza che già ora, per le condizioni dei propri uffici, non sarebbe in grado di potervi provvedere, quali:

– una previsione di una normativa di immediata applicabilità che disponga la sottoposizione a una detenzione domiciliare speciale per coloro che hanno pena anche residua inferiore ai 4 anni e con accompagnamento della Polizia Penitenziaria al domicilio per la contestuale verifica dell’idoneità del domicilio stesso. Si precisa che, come è noto alla S.V., la percentuale di detenuti con pene brevi e medio-brevi è elevatissima e potrebbe costituire la base per un intervento immediato e significativo, mirato come deve essere;

– uno sconto di pena di 75 giorni in assenza di rilievi disciplinari, sempre di immediata applicazione;

– la previsione di una licenza speciale allo stato di 75 giorni ai semiliberi.

Per quanto poi riguarda i procedimenti ordinari concernenti i detenuti, si suggerisce di valutare l’inserimento del presupposto dell’emergenza Coronavirus come elemento valutativo per tutti gli istituti normativi riguardanti  la concessione di benefici penitenziari.

Si tratterebbe ovviamente di provvedimenti destinati a coloro che non hanno partecipato alle note rivolte e che hanno tenuto nel corso della detenzione regolare condotta.

In assenza di automatismi e di immediata applicabilità non è possibile fronteggiare l’emergenza così drammaticamente insorta: il virus corre più veloce di qualunque decisione che, alle condizioni date, è certo perverrebbe fuori tempo massimo.

L’alleggerimento della pressione del sovraffollamento potrà così consentire una gestione meno difficoltosa e rischiosa della detenzione.

La Lombardia versa in una situazione che non è possibile assimilare al resto d’Italia, per la sua gravità, ma può costituire il dato esperienziale per evitare che il morbo si propaghi al resto d’Italia.

Ultimo solo in ordine di esposizione è l’argomento relativo alla responsabilità solidaristica che investe un settore caratterizzato da fasce di popolazione debole per ragioni intrinseche, in ragione della loro posizione giuridica, della quale è dovere dello Stato, in tutte le sue articolazioni, farsi carico al fine di provvedere a quanto necessario»[6].

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2. A seguire, il 17 marzo 2020, è stato pubblicato un Comunicato del Garante dei diritti delle persone private di libertà personale del Comune di Milano dal quale si evince una forte preoccupazione per la situazione di tensione carceraria e per gli evidenti pericoli di contagio, ma anche la condivisione di quanto prospettato qualche giorno prima dai Presidenti dei Tribunali di Sorveglianza di Milano e di Brescia al Ministro della Giustizia.

Il Garante, in aggiunta alle suddette proposte, ha dichiarato di ritenere quanto necessari:

«provvedimenti normativi deflattivi di immediata applicazione e tali da non richiedere il vaglio della Magistratura di Sorveglianza che già̀ ora, per le condizioni dei propri uffici, non sarebbe in grado di poterli applicare in tempi ragionevoli ed adeguati alla diffusione del virus»

ed, inoltre, per quanto riguarda i procedimenti ordinari concernenti i detenuti, l’opportunità di:

«inserire il presupposto dell’emergenza Coronavirus come elemento valutativo per tutte le misure alternative alla detenzione»[7].

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3. Nella stessa data, vale a dire il 17 marzo 2020, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 70/2020 il decreto legge n. 18, di cui si è sopra detto (il c.d. “Cura Italia”) che, tra le molte disposizioni finalizzate al potenziamento del Servizio sanitario nazionale e all’introduzione di misure di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese, connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19, si ritrovano (solo) due articoli che riguardano, nello specifico, le persone condannate, con sentenza definitiva, in esecuzione di pena detentiva:

  • l’art. 123, che prevede «disposizioni in materia di detenzione domiciliare» per adulti e minorenni, con deroga temporanea e procedura semplificata
  • l’art. 124, che introduce «licenze premio straordinarie per i detenuti in regime di semilibertà» che dureranno sino al 30 giugno 2020[8].

Due articoli, come evidente, che non tengono conto di quanto segnalato al Ministero e che, altrettanto evidentemente, si mostrano subito come interventi poco efficaci e alquanto criticati[9].

Emblematiche, a titolo di esempio, sono le dichiarazioni di Patrizio Gonnella, Presidente dell’Associazione Antigone:

«La situazione nelle carceri è drammatica. E resta drammatica anche oggi a primo decreto approvato. Le norme in materia penitenziaria, inserite all’interno del nuovo decreto del governo, pubblicato ieri in gazzetta ufficiale, sono evidentemente insufficienti per rispondere alle esigenze di estrema gravità e urgenza che la situazione richiederebbe. Troppe le cautele […].

Con questo decreto […] saranno pochissimi i detenuti che potranno lasciare le carceri, di gran lunga meno degli oltre 14 mila che andrebbero scarcerati per riportare le carceri ad una situazione di legalità e rendere possibile il contrasto di casi di Coronavirus all’interno degli istituti. Mancano inoltre, nel decreto del governo, norme che tengano conto delle condizioni di salute dei detenuti che, se dovessero contrarre il Covid-19, potrebbero non salvarsi. A loro bisognava guardare con norme ad hoc»[10].

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4. Non solo, quindi, il Consiglio dei Ministri non ha tenuto conto di quanto è stato segnalato e proposto, prima dell’emissione del decreto legge 18/2020, sia dalle istituzioni – come quelle dei Tribunali di Sorveglianza di Milano e Brescia o del Garante dei diritti delle persone private di libertà personale del Comune di Milano di cui si è fatto cenno – sia da parte dell’Avvocatura[11] e delle Associazioni che si occupano concretamente di questa situazione[12], ma non pare, al momento – e l’auspicio è quello di essere in errore – che il Governo sia intenzionato ad ascoltare, più di tanto, le proposte e le indicazioni che provengono dall’esterno[13] né, tanto meno, ad intervenire quanto prima in questo senso, adottando soluzioni normative (forse impopolari) di immediata applicabilità.

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5. Ad ogni modo, dati alla mano, al momento risulta quanto segue: al 29 febbraio 2020 i detenuti presenti nelle carceri italiane erano oltre 61 mila unità, al 24 marzo il numero di persone ristrette all’interno degli Istituti penitenziari era 58.624: un cifra, quest’ultima, che si colloca comunque al di sopra della c.d. capienza regolamentare[14].

86 sono gli Istituti che hanno allestito i reparti di isolamento sanitario precauzionale dove, attualmente, sono alloggiate 260 persone in attesa dello svolgersi delle necessarie giornate di quarantena, anche se, a quanto sembra, il numero delle persone detenute ufficialmente contagiate dal virus resta al momento piuttosto basso.

Tuttavia, precisa il Garante Nazionale, «continuano a susseguirsi voci non verificate circa nuovi casi di positività, che confondono l’isolamento precauzionale con il contagio vero e proprio»[15].

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6. Lapalissiana, pertanto, è la necessità di intervenire quanto prima e comunque per ridurre, nel limite del possibile e con gli strumenti di cui oggi si può disporre, la popolazione detenuta. Per cui, come spesso avviene nel nostro Paese, la prassi anticipa – se non addirittura supera – la teoria, e l’impegno congiunto di Magistrati di Sorveglianza, Avvocati penalisti ed operatori dei Servizi penitenziari (intesi questi nel senso lato del termine) sta producendo delle prime soluzioni. Soluzioni, è bene precisarlo, al momento possibili e sostenibili che, con volontà e coraggio di osare, potrebbero essere anche considerate, per certi versi, virtuose.

Tra queste, ad esempio, vi sono le soluzioni che alcuni Servizi per le Dipendenze (Ser.D.) e alcuni Servizi Multidisciplinari Integrati (S.M.I.) di Milano hanno prediposto, in condivisione con la Magistratura di Sorveglianza di Milano, per formulare programmi terapeutici provvisori di tipo domiciliare (e nel caso che questo fosse possibile anche di tipo comunitario) per detenuti ristretti presso le carceri milanesi, prevedendo, tra le linee guida stilate, attività prioritarie per la redazione della relazione terapeutica necessaria alla concessione della detenzione domiciliare nonché dei parametri essenziali per effettuare i relativi controlli sul territorio.

In particolare, per la stesura del programma terapeutico, gli operatori dovranno:

– effettuare un’accurata e completa valutazione medica atta a ricercare anche la presenza di sintomi respiratori (febbre, tosse, difficoltà respiratorie) riconducibili a patologie simil-influenzali. In caso di positività il soggetto non potrà accedere al programma;

– effettuare un’anamnesi accurata del paziente dal punto di vista della storia familiare, andando a valutare, con particolare attenzione, il suo grado di sostentamento economico (vitto e alloggio). Tale valutazione può non contemplare la presenza di un lavoro;

– considerare, per l’utenza extracomunitaria, il criterio prioritario del c.d. “ricongiungimento familiare”, nei limiti della parentela di I° grado (madre, padre, moglie e figli);

– considerare, in caso di revoche di benefici penitenziari recenti, le cause della ricaduta nell’assunzione di sostanze stupefacenti, delle violazioni delle prescrizioni e delle criticità specifiche rilevate;

– considerare che per i pazienti che assumono terapie farmacologiche di rilievo e per l’utenza con patologie psichiatriche e/o in doppia diagnosi, non sarà possibile predisporre programmi terapeutici;

– dare la massima priorità possibile, nella valutazione del programma trattamentale, all’affidabilità della persona e all’intensità della dipendenza patologica[16].

Inoltre, sempre a titolo di esempio, vi sono alcuni Avvocati che hanno iniziato ad avanzare istanze all’Ufficio di Sorveglianza di Milano per concessione provvisoria dell’affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47 co. 4 o.p., ritenendo come “grave pregiudizio” la prosecuzione della detenzione nella situazione emergenziale da Coronavirus, sia alla luce delle indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) che richiede di ridurre le presenze nei luoghi di aggregazione per le possibili conseguenze in termini di contagio, sia per l’assenza di qualsiasi valenza trattamentale all’interno degli istituti di pena nel periodo attuale. Misure che appaiono, ancora più ragionevoli, laddove le persone sono già state ritenute meritevoli di benefici penitenziari immediatamente antecedenti alla misura alternativa alla detenzione più ampia, come il permesso premio e il lavoro all’esterno; benefici, lo si ricorda, bloccati per ragioni sanitarie con conseguenze in termini di regressione trattamentale e perdita di effettive opportunità lavorative.

E ancora… vi sono Avvocati che hanno iniziato ad avanzare istanze per il ottenere il rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena, ai sensi dell’art. 147 c.p., da eseguirsi nelle forme della detenzione domiciliare (art. 47 ter co. 1 ter o.p.), laddove:

a) vi siano patologie a rischio come quelle indicate dall’OMS (over 65, pazienti oncologici, pazienti immunosoppressi; pazienti con malattie cardiovascolari pazienti con ipertensione arteriosa, pazienti reumatici o diabetici;  pazienti come asma e patologie polmonari croniche) che appaiono suscettibili di esito infausto immediato in caso di contagio virale;

b) vi siano condizioni di grave infermità fisica, contemperate oggi alla luce sia delle condizioni cliniche e personali del soggetto sia dell’emergenza sanitaria in atto, tenuto conto i) della loro maggiore vulnerabilità a contrarre infezioni, ii) della loro più alta probabilità di incorrere, per comorbilità, in gravi complicanze, iii) della attuale situazione di saturazione dei reparti di rianimazione ove loro potrebbero e/o dovrebbero essere collocati.

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7. Infine, a quanto risulta, anche la Magistratura di Sorveglianza di Milano provvede nei limiti del possibile e con estrema tempestività, soprattutto quando le istanze sono complete e ben istruite.

Due, ad esempio, sono i provvedimenti di recente assunti dall’Ufficio di Sorveglianza di Milano in merito a questa situazione emergenziale che, vista la loro rilevanza, pubblichiamo immediatamente al fine di consentire lo sviluppo di ulteriori riflessioni.

  • Per scaricare il provvedimento del Magistrato di Sorveglianza di Milano relativo all’applicazione provvisoria della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, clicca qui.
  • Per scaricare il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza di Milano relativo alla disposizione del differimento della pena nelle forme della detenzione domiciliare, clicca qui.

 

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[1] Si veda la Dichiarazione del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, pubblicata sul sito del Governo il 21 marzo 2020.

[2] Si veda la Dichiarazione del Presidente Conte, in occasione del Consiglio dei Ministri n. 37, 16 marzo 2020.

[3] Si veda la Dichiarazione del Presidente Mattarella sull’emergenza Coronavirus, pubblicata sul sito del Quirinale il 5 marzo 2020.

[4] Lo afferma il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di fronte all’emergenza legata al coronavirus (Coronavirus, Mattarella alla nazione: “Supereremo emergenza”, in Adnkronos, 5 marzo 2020.

[5] Cfr., in proposito, L’appello dei detenuti al Capo dello Stato, a Papa Francesco e al Premier Conte, in DPU – il blog,  23 marzo 2020 (in cui sono pubblicate altresì la lettera inviata dai detenuti e la risposta a firma del Presidente Mattarella).

[6] Segnalazione del 15 marzo 2020 al Ministro della Giustizia ex art. 69, l. 354/1975, in merito alla gravissima situazione degli istituti penitenziari della Lombardia a seguito dell’emergenza derivante dalla diffusione del contagio da Covid-19, in questa rivista.

[7] Comunicato del 17 marzo 2020 del Garante dei diritti delle persone private di libertà personale del Comune di Milano, in questa rivista.

[8] Per ulteriori approfondimenti sul tema si veda Un primo passo per alleggerire le carceri ai tempi della pandemia, in DPU- il blog, 19 marzo 2020.

[9] Cfr. i contributi segnalati in Prime osservazioni (critiche) sull’emergenza carceraria per Covid-19, in DPU- il blog, 19 marzo 2020.

[10] Intervista a Pietro Gonnella, Coronavirus. Sulle carceri insufficienti le norme previste nel decreto del governo. Sono necessari altri provvedimenti, altrimenti a rischio la salute pubblica, 18 marzo 2020.

[11] V., tra le molte, le proposte avanzate nel corso di alcune interviste effettuate dall’Avv. Antonella Calcaterra su l’Asterisco, come quella titolata Carcere: emergenza e responsabilità del 10 marzo u.s., oppure quella titolata Il danno-Covid e la beffa-braccialetto, del 18 marzo.

[12] Cfr. ad esempio, le 6 proposte di Antigone per affrontare l’emergenza nelle carceri italiane, 24 marzo 2020.

[13] Cfr., ad esempio, la delibera “emergenza carceri” del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano del 20 marzo 2020; le Osservazioni e le proposte del Consiglio direttivo AIPDP sull’emergenza carceraria da Coronavirus del 23 marzo 2020; nonché le Indicazioni e le proposte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per prevenire il diffondersi dell’epidemia di Coronavirus nelle carceri, del 23 marzo 2020. Per ulteriori approfondimenti si vedano anche i recenti comunicati del Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, tra cui quello concernente i Principi relativi al trattamento delle persone private della libertà personale nell’ambito della pandemia del Coronavirus (COVID-19) indicati dal CPT-Consiglio d’Europa Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti [CPT/Inf(2020)13].

[14] Cfr., per questi dati, il Comunicato del 20 marzo 2020 del Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, bollettino n. 8 e il Comunicato del 24 marzo 2020, bollettino n.10, sempre del Garante Nazionale. Al momento, il sito del Ministero della Giustizia pubblica le statistiche aggiornate al 29 febbraio 2020.

[15] Cfr, sempre, il Comunicato del 24 marzo 2020 del Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o provate della libertà personale, bollettino n. 10, da cui si evince, tra l’altro, che 381 sono ad oggi le persone ubicate nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) e che poche informazioni si hanno degli attuali “ospiti” delle Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS).

[16] Per vedere il documento nella sua interezza e il resto delle indicazioni, clicca qui.

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