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16.09.2020
Redazione

Intravvedere, vedere, guardare. Storie dagli OPG

Se negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari visitati abbiamo visto molto, molto di più abbiamo “intravisto” […]

Il malato psichico consegna questa situazione di indeterminatezza che da un lato esprime la natura della malattia, dall’altro l’imprevedibile risposta del soggetto alla cura […].

Le istituzioni dove hanno trascorso molti anni della loro vita, li hanno in parte celati agli occhi della “gente comune”. Il mandato custodialistico, ovvero quel mandato di separazione e allontanamento dei soggetti pericolosi dalla società – come ci insegna Foucault[1] – è sempre presente nei luoghi psichiatrici e, per questo, queste persone rimangono ai più misteriose […].

Come sostiene Lorenzo Calvi, «le antenne del fenomenologo cominciano a vibrare quando riceve il dono della visione, cioè quando, nel mondo degli oggetti, uno di questi si circonfonde di splendore e si distingue dagli altri presentandosi come un’apparizione»[2] […].

Ciò che è intravisto, infatti, è qualcosa che desta anche curiosità a essere più vista, ben vista

J. Santambrogio, Gli intravisti. Storie dagli ospedali psichiatrici giudiziari, Mimesis, 2020, pp. 38 ss.

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[1] M. Foucault, Storia della follia nell’età classica, BUR, 2008.

[2] L. Calvi, Il tempo dell ‘altro significato. Esercizi fenomenologici di uno psichiatra, Mimesis, 2005, p. 40.

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