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Pubblichiamo qui, per gentile concessione editoriale, il presente contributo di Barrington Moore Jr., originariamente apparso sulla rivista Indici comunità, 12, 1972, pp. 11 ss.

Il documento, ritenuto d’interesse per i lettori di DPU in ragione dell’estrema attualità dei suoi contenuti, è stato selezionato all’interno del patrimonio archivistico riguardante la storia della Società Olivetti (Archivio Storico Olivetti), raccolto, curato e valorizzato dall’Associazione Archivio Storico Olivetti, che ringraziamo per la preziosa collaborazione.

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«Da molti secoli i saggi e le persone normali si domandano che cosa significhi felicità. Certi hanno pensato che la vera felicità si potesse raggiungere solo con l’esercizio delle facoltà più alte dell’intelletto. Altri, come Freud, hanno sostenuto che i piaceri estetici e intellettuali non sono che pallide imitazioni – anche se talvolta inevitabili e necessarie – dei piaceri veri che si ricavano dal soddisfacimento delle pulsioni fisiche e degli istinti […]. Per quanto riguarda la felicità, quello che si può dire e che le sue fonti sembrano infinitamente varie e che le dispute sui gusti sono notoriamente di ardua soluzione.

Diverso è il caso dell’infelicità e della sofferenza, e la distinzione costituirà sia il punto di partenza per le riflessioni di questo saggio sia il tema ricorrente intorno a cui ordinarle. Se trovano difficile accordarsi sul significato e sulle cause della felicità, gli uomini trovano moho più facile sapere quando sono infelici».

 

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