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19.01.2022
Silvia Buzzelli

“Profili di procedura penale europea”, a cura di M. Ceresa-Gastaldo e S. Lonati (Giuffrè, 2021)

Recensione del volume

Fascicolo 1/2022

1. I curatori del volume dichiarano subito l’obbiettivo in quarta di copertina, qualificandolo «ambizioso»; in realtà, il loro scopo è duplice e, infatti, sembra immediatamente sdoppiarsi.

Da una parte, si tratta di «fornire una conoscenza organica e ragionata dei principi europei in tema di processo penale, non limitata alla loro affermazione astratta, ma estesa alla loro effettiva operatività e alla loro concreta incidenza sulla disciplina processuale italiana».

Dall’altra – aggiungono Massimo Ceresa-Gastaldo e Simone Lonati – bisogna poi «verificare la corretta osservanza di ciò che è internazionalmente pattuito». Una volta infine trovate eventuali «lacune e antinomie» si potranno suggerire al legislatore gli interventi necessari per attivare l’operazione di adeguamento alle fonti europee[1], ovviando così ai limiti del nostro sistema[2], spesso indolente, trasandato (sloppiness)[3], capace (sul versante del diritto giurisprudenziale) di cumulare condanne prima di rimodulare – «costretto da Strasburgo»[4] – il proprio cordone di garanzie per le persone accusate.

Alla base dei discorsi – occorre ricordare a chi, magari, non ha molta familiarità con la “cassetta degli attrezzi europei” – ci sono quei diritti che fanno davvero la differenza rendendo se presenti il processo giusto, marchiandolo se assenti con lo stigma dell’iniquità. Non curarsi degli standard e delle norme minime altera, ad esempio, il quadro giuridico della “piccola Europa”: la Commissione europea (è notizia recente) ha deciso di intraprendere procedure di infrazione, inviando lettere di costituzione in mora a sei Paesi membri (Estonia, Grecia, Ungheria Lituania, Lussemburgo e Portogallo) per il mancato corretto recepimento delle norme dell’Unione Europea sul diritto di avvalersi di un avvocato e sul diritto di comunicare con terzi in seguito all’arresto (direttiva 2013/48/UE). Adesso gli Stati hanno tempo due mesi per rispondere, adottando le misure per fronteggiare le carenze riscontrate dalla Commissione, trascorsi i quali quest’ultima potrà decidere di proseguire con le procedure di infrazione[5].

 

2. Nelle parole d’avvio è già condensato il senso dell’intera opera scritta, in buona parte, da Simone Lonati – che da tempo si interessa alle questioni europee[6] – affiancato talvolta da alcuni giovani studiosi: Gaia Caneschi, ad esempio, ha contributo a redigere, insieme a Lonati, il capitolo terzo completamente dedicato al diritto a un processo equo (p. 112 ss.); Giulia Angiolini si è occupata del diritto alla libertà e alla sicurezza, elencando, nel capitolo quarto (p. 223 ss.), le tante problematiche che ruotano intorno all’art. 5 Cedu, e descrivendo, nel successivo capitolo nono (p. 347 ss.), i meccanismi di protezione della vittima offerti dalla “grande” e dalla “piccola” Europa; Alessandro Nascimbeni ha approfondito, sempre con Lonati, il tema delicato e drammatico delle garanzie procedurali nei casi di espulsione dello straniero (capitolo ottavo, da p. 327).

 

3. Anche attraverso un simile richiamo – di certo rapido e incompleto – all’ordine di stesura dei singoli capitoli si percepisce come i profili seguano la traccia canonica, utile per disegnare il contorno della procedura penale europea; e non potrebbe essere diversamente. L’aspetto, invece, che desta peculiare interesse è legato allo sforzo continuo di rispettare la metodologia disincantata della Corte europea, nella consapevolezza che solo intrecciando princìpi e prassi quotidiane si finiscano per tutelare i diritti nella loro autentica effettività, non abbandonandoli in un’area dominata dalla mera astrattezza[7].

Gli Autori, inoltre, dimostrano di saper ben maneggiare l’aggettivo “europeo” (un aggettivo assai ambiguo, con valenze geografiche differenti e fluttuanti), restando fedeli, nel complesso, al lessico giuridico europeo, autonomo, elastico, composto da espressioni gergali, termini nuovi, parole essenziali che rimandano – quanto a contenuto semantico – a un’origine greca o latina. La lingua veicolare adottata dai giudici di Strasburgo impone una serie di ridefinizioni[8]; quella per certi versi più creativa della Corte di giustizia dell’Unione europea chiede una forte capacità di adattamento per cogliere il nucleo delle “tradizioni costituzionali comuni” (oramai inserite nell’art. 6 § 3 TUE) e del “mutuo riconoscimento” (elaborato nelle sentenze dei giudici di Lussemburgo per sostenere la libera circolazione di merci e servizi, quindi ben lontano dalla sfera processualpenalistica, divenuto lentamente, a partire dal Consiglio straordinario di Tampere dell’ottobre 1999, la “chiave di volta” della cooperazione giudiziaria in materia penale, tanto da essere costituzionalizzato nell’art. 82 TFUE).

 

4. Nel libro viene ricostruita la tutela europea e multilivello dei diritti (in un mondo che ormai pare segnato addirittura dall’interlegalità)[9]: così gli Autori si soffermano in modo particolare sulle regole insostituibili che danno concretezza alla dignità umana, un valore che dovrebbe plasmare tutta la cultura europea dei diritti fondamentali nel/del processo penale[10]. Specie nel capitolo quinto risulta scandagliato il campo operativo dell’art. 3 Cedu, affidandosi alla giurisprudenza di Strasburgo che da decenni continua a impartire la medesima lezione, utilizzabile dalle autorità giudiziarie dei vari Paesi: il divieto di tortura[11] è impermeabile a ogni genere di bilanciamento, garantito per tutti, non soggetto sospensioni di sorta (basterebbe, del resto, consultare l’art. 15 Cedu per rendersi conto di ciò)[12]. E nello stesso capitolo dirompono i comportamenti poco esemplari dello Stato italiano e le sue condanne per i fatti del G8 a Genova (luglio 2001)[13] (p. 254 ss.), per il sovraffollamento (problema strutturale del nostro sistema penitenziario)[14] (p. 267 ss.), per la detenzione in condizioni di salute precarie e incompatibili con la vita penitenziaria (p. 277 ss.), per una detenzione “infinita” che azzera ogni speranza[15] (p. 288 ss.). Senza dimenticare, attraverso un breve cenno, anche l’attuale pandemia e, di conseguenza, il periodo di difficoltà che sta mettendo «severamente alla prova» – come ha dichiarato Rik Daems, Presidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa – «i meccanismi fondamentali di uno Stato»[16].

Nel libro viene ricostruita la tutela europea e multilivello dei diritti (in un mondo che ormai pare segnato addirittura dall’interlegalità): così gli Autori si soffermano in modo particolare sulle regole insostituibili che danno concretezza alla dignità umana, un valore che dovrebbe plasmare tutta la cultura europea dei diritti fondamentali nel/del processo penale

5. Dopo aver scartabellato, in lungo e in largo, il libro si capisce bene perché i Curatori abbiano deciso di definire “ambizioso” il loro progetto.

Essi, probabilmente, sono consci di muoversi dentro lo spazio giudiziario di una identità politica a struttura complessa (in grado di disfare durante la notte la tela tessuta di giorno)[17], il cui il diritto è “sconfinato”[18] , mentre le frontiere sono mobili e tracciate in maniera diversa: i “dannati della terra” che tentano di attraversarle restano impigliati nel filo spinato, e non solo.

Soprattutto balza agli occhi la convinzione di Ceresa-Gastaldo e Lonati: lo studio autarchico della procedura penale è ormai impensabile. Una regola, quest’ultima, che vale per gli studenti (primi destinatari dei “profili”) e, a maggior ragione, per chi svolge una professione giuridica.

i Curatori […], probabilmente, sono consci di muoversi dentro lo spazio giudiziario di una identità politica a struttura complessa (in grado di disfare durante la notte la tela tessuta di giorno), il cui il diritto è “sconfinato” , mentre le frontiere sono mobili e tracciate in maniera diversa: i “dannati della terra” che tentano di attraversarle restano impigliati nel filo spinato, e non solo

Insomma, come qualcuno ha già constatato, «la strada dell’Europa passa anche dalle aule dei Tribunali»[19]; a patto, resta adesso da aggiungere, che le aule siano idealmente posizionate lungo la linea 13, quella del meridiano (di longitudine) di Ventotene. Su quell’isola si trovava, di certo non in villeggiatura, il gruppo di intellettuali che, nell’agosto 1941, scrisse il Progetto di Manifesto per un’Europa libera e unita. Il piccolo documento ciclostilato, non da venerare come un mito al pari di beceri europeisti[20], si concludeva con queste parole semplici e impegnative: «la via da percorrere non è facile, né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà»[21]. Tutto sommato converrebbe ancora oggi ripartire da qui.

 

___________________

[1] Da ultimo, decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 188 disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali: in proposito, v. i commenti di V.A. Stella e F. Resta, disponibili sul sito di Giustizia insieme,  14 dicembre 2021.

[2] In particolare, sull’efficienza, qualità e indipendenza del nostro sistema giudiziario, cfr. COM (2021)389, Bruxelles, 8 luglio 2021: il quadro di valutazione comparativo della giustizia (2021) presentato dalla Commissione europea, nel riprendere i dati del CEPEJ (Consiglio d’Europa), mostra l’Italia in perenne difficoltà per la irragionevole durata dei processi. Vero è che nel 2019 quasi la metà dei Paesi ha prodotto risultati peggiori rispetto al passato; a preoccupare è la percezione dell’indipendenza della magistratura (l’Italia, per il suo basso livello di percezione, si situa dopo Ungheria, Slovacchia, Portogallo e Bulgaria). Il rapporto è poi arricchito da una serie di informazioni sulle misure intraprese durante la pandemia.

[3] Termine che ricorre in un caso di condanna del Regno unito per un’umiliante e ingiustificata perquisizione dei familiari di un detenuto (C.edu, sent. 26 settembre 2006, Waimwright c. Regno unito).

[4] G. Lattanzi, Costretti dalla Corte di Strasburgo, in Cass. pen., 2005, p. 1125.

[5] Cfr. il comunicato comparso sul sito ufficiale della Commissione europea lo scorso 12 novembre. La Commissione reputa che alcune misure di recepimento nella legislazione nazionale, notificate dai Paesi citati, non soddisfino le prescrizioni della direttiva: tra queste si annoverano le possibili deroghe al diritto di avvalersi di un avvocato e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi; sono stati individuati aspetti problematici relativi alle condizioni alle quali è possibile rinunciare al diritto di avvalersi di un difensore e al diritto di avvalersi di un difensore nello Stato membro di emissione di un mandato di arresto europeo.

[6] Si intende far qui riferimento a S. Lonati, Il diritto dell’accusato a “interrogare o fare interrogare” le fonti di prova a carico (studio sul contraddittorio nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo e nel sistema processuale italiano), con Prefazione di G. Vassalli, Giappichelli, 2008; v., inoltre, dello stesso Autore, «Il caso Dorigo»: un altro tentativo della giurisprudenza di dare esecuzione alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo in attesa di un (auspicato) intervento legislativo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2007, p. 1538, nonché Il «caso Drassich»: continua l’opera di supplenza della giurisprudenza di fronte alla perdurante (e sconcertante) inerzia del legislatore italiano in tema di esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, in Cass. pen., 2011, p. 263.

[7] Cfr., tra le tante, C.edu, sent. 2 marzo 2017, Talpis c. Italia, § 96 (in tema di violenza domestica).

[8] G. Ubertis, Principi di procedura penale europea. Le regole del giusto processo, II, Cortina, 2009, p. 27.

[9] A parere di E. Scoditti, Lo scenario dell’inter-legalità, in Questione giustizia, 22 aprile 2020 (a margine della pubblicazione del volume The Challenge of Inter-Legality, a cura di J. Klabbers, G. Palombella), l’interlegalità rappresenta un evento, su scala europea, nella teoria del diritto che testimonia l’ingresso in un universo finora inedito per il diritto moderno; una sfida perché ci chiama a un diverso modo di pensare, una nuova prospettiva sul diritto che nasce dall’interconnessione che si stabilisce fra i diversi ordinamenti nel tempo della legalità al plurale.

[10] G. Ubertis, Sistema di procedura penale, I, Giuffrè, 2017, p. 237 ss.

[11] M. Botto, Tortura: sulla proibizione assoluta di un male mai minore, Recensione a G. Fornasari, Dilemma etico del male minore e ticking bomb scenario. Riflessioni penalistiche (e non) sulle strategie di legittimazione della tortura, Edizioni Scientifiche Italiane, 2020, in questa Rivista, 3 novembre 2021.

[12] V., ad esempio, C.edu, sent. 29 aprile 2002, Pretty c. Regno unito, § 49.

[13] Si rinvia a Cfr., C.edu, sent. 7 aprile 2015, Cestaro c. Italia.

[14] Inevitabile il riferimento a C.edu, sent. 8 gennaio 2013, Torreggiani e altri c. Italia.

[15] Cfr. C.edu, sent. 13 giugno 2019, Viola c. Italia (n. 2).
Sull’argomento, v., ampiamente, S. Anastasia, F. Corleone, A. Pugiotto (a cura di), Contro gli ergastoli. Perché il carcere a vita «non è la soluzione, ma il problema da risolvere», con prefazione di V. Onida, Futura, 2021.

[16] Il Presidente dell’APCE – nel Comunicato Covid-19: Che l’eccezione non diventi la nuova norma, Strasburgo, 24 aprile 2020 – prosegue ponendosi una domanda cruciale: «in un contesto in cui gli effetti del confinamento e delle misure d’urgenza cominciano a farsi sentire duramente, siamo sicuri di preservare l’equilibrio, da sempre necessario, tra sicurezza e libertà?». Cfr. pure R. Conti, Intervista a Paulo Pinto de Albuquerque, disponibile sul sito di Gustizia insieme, 17 aprile 2020, in cui l’ex giudice europeo ricorda che l’internamento forzato di persone semplicemente “sospettate” di contagio infettivo non è consentito dall’art. 5 § 1 lett. e Cedu (la Corte di Strasburgo limita l’isolamento forzato ai casi di persone “infette” da malattia contagiosa), a meno che lo Stato decida di attivare la procedura ex art. 15 Cedu (alcuni Stati hanno invece imposto la misura senza prevedere alcuna deroga convenzionale).

[17] P. Hazard, La crisi della coscienza europea, Utet, 2019, con prefazione di G. Ricuperati.

[18] M.R. Ferrarese, Diritto sconfinato. Inventiva giuridica e spazi nel mondo globale, Laterza, 2006.

[19] Questo il titolo della recensione ai “Profili di procedura penale europea” di G. Varraso, in IlSole24ore, 21 novembre 2021.

[20] V. con toni ampiamenti critici, A. Somma, Contro Ventotene. Cavallo di Troia dell’Europa neoliberale, Rogas, 2021.

[21] Il Manifesto di Ventotene (il titolo completo è Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto) venne redatto da A. Spinelli ed E. Rossi nel 1941 mentre si trovavano al confino nell’isola di Ventotene; all’inizio circolò in forma ciclostilata, fu pubblicato poi clandestinamente a Roma (gennaio del 1944) insieme a due saggi di Spinelli (Gli Stati Uniti d’Europa e le varie tendenze politiche, e Politica marxista e politica federalista, scritti tra il 1942 e il 1943).

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