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Fascicolo 5/2020

Si moltiplicano in Italia gli appelli per una regolarizzazione generalizzata dei migranti al tempo del coronavirus.

L’emergenza giustifica una regolarizzazione, cade il tabù.

Il Portogallo ha fatto da apripista[1].

Ma che regolarizzazione? Come e chi regolarizzare?

Al momento si registra una presa di posizione del Governo in ordine alla necessità di fare emergere dal nero e dalla condizione di irregolarità i lavoratori del settore agricolo[2]. Quindi si tratterebbe di una regolarizzazione selettiva. Per categoria.

Si dice, per giustificarne il varo, che alcuni migranti ci servono! Ne abbiamo bisogno! Le braccia migranti sono indispensabili! Specie di questi tempi di pandemia!

Si registra una presa di posizione del Governo in ordine alla necessità di fare emergere dal nero e dalla condizione di irregolarità i lavoratori del settore agricolo. Quindi si tratterebbe di una regolarizzazione selettiva. Per categoria

La “componente braccianti” è sicuramente quella più vulnerabile perché, spesso, già esposta a un forte sfruttamento.

Si dice anche: con la chiusura delle frontiere dovuta alla pandemia, non possono raggiungere i nostri campi i lavoratori stagionali extracomunitari che normalmente vengono autorizzati a entrare e a soggiornare, annualmente, con i decreti “flussi”[3].

Ma ora che i flussi non si possono aprire, causa coronavirus, che si fa? Regolarizziamo quelli che ci sono già e che già stanno lavorando (o lavorerebbero) in agricoltura.

Dunque, i braccianti ci servono.

Ma, santo cielo, ci servono anche quelli che lavorano da anni, invisibili, nelle nostre case, con i nostri anziani, come badanti, ma anche come colf, o nei servizi e persino (e chi l’avrebbe mai detto?) nelle imprese.

Pur così ampliata – dall’agricoltura a tutti i settori –, questa è ancora una lettura utilitaristica, che considera i migranti solo come forza lavoro e non come persone che rivendicano il diritto a esistere, a prescindere dalle contingenti necessità economiche.

Pur così ampliata – dall’agricoltura a tutti i settori –, questa è ancora una lettura utilitaristica, che considera i migranti solo come forza lavoro e non come persone che rivendicano il diritto a esistere

Ecco allora che, correttamente, l’Associazione Studi Giuridici per l’immigrazione (A.S.G.I.) – con un appello che ha raccolto centinaia di adesioni di singoli e organizzazioni[4] –, propone il riconoscimento di un permesso di soggiorno per ricerca occupazione, rinnovabile e convertibile, o di un permesso di soggiorno per lavoro per coloro che stanno già effettivamente lavorando in nero, a tutti gli stranieri che dimostrino la presenza in Italia al 29 febbraio 2020. Tra loro devono essere ricompresi anche i richiedenti asilo, falcidiati dai decreti sicurezza salviniani[5],  ai quali è stata negata ogni forma di protezione o che hanno avuto una protezione “monca” (come quella c.d. speciale, che impedisce la conversione del titolo in permesso per lavoro).

Di grande importanza la previsione, contenuta nella proposta-appello di A.S.G.I., di un permesso di soggiorno per ricerca occupazione «che finalmente svincoli la persona straniera da possibili ricatti o dal mercato dei contratti che hanno contraddistinto tutte le precedenti regolarizzazioni»[6].

L’esperienza, infatti, insegna che un provvedimento di regolarizzazione, più introduce paletti più rischia di trasformarsi in un boomerang, per datori e lavoratori. O addirittura di essere criminogenetico, moltiplicando falsi contratti per l’urgenza del migrante di uscire dall’invisibilità.

Nel 2009, il IV Governo Berlusconi varò la c.d. “sanatoria colf e badanti”, che regolarizzò circa trecentomila stranieri[7], mentre nel 2012 il Governo Monti varò una regolarizzazione piena di ostacoli, riservata agli stranieri che avessero un lavoro a tempo pieno e a quelli del settore domestico impiegati per almeno venti ore alla settimana[8]. Anche i datori di lavoro dovevano avere una significativa capacità economica, pena l’esclusione dalla possibilità di emergere dal nero. A questo ultimo giro si regolarizzarono circa 99 mila immigrati[9].

 Dunque, è dal 2012 che non si regolarizza più, in parallelo alla progressiva chiusura delle frontiere dell’ultimo ventennio e ben prima che il coronavirus le sigillasse.

Un provvedimento di regolarizzazione, più introduce paletti più rischia di trasformarsi in un boomerang, per datori e lavoratori. O addirittura di essere criminogenetico, moltiplicando falsi contratti per l’urgenza del migrante di uscire dall’invisibilità

Un importante iter legislativo è in corso da un anno, davanti alla Commissione Affari costituzionali della Camera. È quello scaturito dalla proposta di legge di iniziativa popolare “Ero straniero, l’umanità che fa bene”, promossa da più di novantamila cittadini italiani[10]. Qui si prevedono alcune riforme strutturali del testo unico immigrazione per evitare che la normativa continui a produrre irregolarità. I suoi promotori (i radicali con un ampio cartello di associazioni), sin dallo scorso 12 novembre, hanno ben messo in evidenza l’urgenza di un’ampia regolarizzazione, che “fa bene” alle persone perché le fa uscire dal cono d’ombra, restituendo loro dignità e diritti[11].

Un importante iter legislativo è in corso da un anno, davanti alla Commissione Affari costituzionali della Camera. È quello scaturito dalla proposta di legge di iniziativa popolare “Ero straniero, l’umanità che fa bene”, promossa da più di novantamila cittadini italiani

Tornando all’oggi, molti hanno ben spiegato che l’invisibilità è anche pericolosa per la diffusione del coronavirus, e che quindi non si può aspettare oltre[12].

Ma le ragioni sanitarie ed economiche, riprese da ultimo anche da un appello a firma di prestigiosi economisti[13], non possono e non devono ridurre il dibattito a valutazioni solo di ordine utilitaristico.

Si dovrebbe piuttosto parlare di convenienza dei diritti in senso pieno, come fa Nadia Urbinati in un recente articolo, dove ha ribadito con forza che «la civiltà del diritto è messa a repentaglio ogni volta che una società vive e accetta di vivere del servizio di invisibili». E ancora: «la cultura dei diritti, l’inclusione universale che implica, è anche “utile”»”[14].

Le ragioni sanitarie ed economiche, riprese da ultimo anche da un appello a firma di prestigiosi economisti, non possono e non devono ridurre il dibattito a valutazioni solo di ordine utilitaristico

Su queste pagine, che si richiamano espressamente alla condizione umana, vale quindi la pena ribadire che una regolarizzazione non solo “serve”, ma è prima di tutto giusta e ineludibile.

 

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[1] M. Montemurro, Portogallo – Il governo regolarizza tutti gli immigrati che hanno domande pendenti, in meltinpot.org, 28 marzo 2020.

[3] Si veda la forte presa di posizione in tal senso della Ministra dell’Agricoltura: cfr. G. Casadio, Bellanova: “Regolarizziamo i migranti che ricevono offerte di lavoro”. Salvini insorge: “Chiede una sanatoria, incredibile”, ne La Repubblica, 16 aprile 2020.

[3] Il decreto c.d. “flussi” è il perno delle politiche migratorie ed è disciplinato dall’art. 3, c. 4, del Testo Unico Immigrazione (d..lgs. 25 luglio 1998, n. 286). Negli anni è stato depotenziato, prevedendo quote che ampiamente hanno sottostimato la necessità di lavoratori migranti.

[4] Cfr. No alla regolarizzazione settoriale, sì ad un permesso per chi lavora e cerca lavoro in Italia, in Asgi.it, 30 aprile 2020.

[5] Specie il c.d. decreto sicurezza (d.l. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito con modificazioni nella l. 1 dicembre 2018, n. 132).

[6] No alla regolarizzazione, cit.

[7] Cfr. l. 15 luglio 2009, n. 94.

[8] D.lgs. 16 luglio 2012, n. 109.

[9] Si veda l’interessante articolo Irregolari, sanatorie e migranti: qualche numero di sfondo  (in migrantitorino.it, 5 settembre 2018), dell’Ufficio Pastorale Migranti Torino, che fa una chiara sintesi dei dati dei migranti regolarizzati in passato basandosi prevalentemente sui rapporti annuali della Fondazione Iniziative e Studi sulla Multietnicità (ISMU).

[10] Si tratta della proposta di legge d’iniziativa popolare, Nuove norme per la promozione del regolare soggiorno e dell’inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari, presentata il 27 ottobre 2017 (A.C. n. 4712).

[11] Si veda il mio intervento, Migranti, aumentano i lavoratori irregolari. Ma una soluzione per uscirne c’è, in FQ Blog, 4 dicembre 2019.

[12] V. ad esempio, l’Appello per la sanatoria dei migranti irregolari ai tempi del covid-19, in Medicina Democratica, 20 marzo 2020.

[13] Cfr. l’articolo L’appello di economisti, giuristi e virologi: “Regolarizzare gli immigrati in tutti i settori economici”, ne La Repubblica, 25 aprile 2020.

[14] N. Urbinati, La pandemia e gli invisibili delle città: la convenienza dei diritti, ne La Repubblica, 17 aprile 2020.

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