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11.12.2019
Paolo Oddi

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C’è una nuova bussola per arrivare davanti alla Corte Costituzionale: la sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 29460/2019. Alcune riflessioni

Fascicolo 12/2019

«Bisogna farsi viaggiatori per decifrare i motivi
che hanno spinto tanti a partire e tanti altri ad andare incontro alla morte.
Sedersi per terra intorno a un fuoco
e ascoltare le storie di chi ha voglia di raccontarle,
come hanno fatto altri viaggiatori fin dalla notte dei tempi».
 
A. Leogrande [1]

 

Abstract. L’obiettivo di queste note è spiegare come e perché la sentenza 29460/2019 della Cassazione a Sezioni Unite possa essere un formidabile strumento per gli avvocati immigrazionisti chiamati a tutelare i diritti fondamentali dei richiedenti asilo.

 

SOMMARIO: 1. L’abrogazione del riferimento agli «obblighi costituzionali e internazionali dello Stato italiano» sulla cui base veniva rilasciato il permesso di soggiorno per motivi umanitari. – 2. La protezione umanitaria espressione del diritto di asilo costituzionale? – 3. La portata dell’abrogata protezione umanitaria. Integrazione sociale, condizioni di vulnerabilità e compromissione dei diritti umani fondamentali in caso di rimpatrio: la necessità di una “valutazione comparativa” (sentenza Cassazione, sez. 1 civ., 4455/2018). – 4. Il regime transitorio dopo l’entrata in vigore del d.l. sicurezza. – 5. La sentenza 29460/2019 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite: una “cassetta per gli attrezzi”. – 5.1. La novella è irretroattiva. – 5.2. Come va interpretata la “vecchia” protezione umanitaria ancora concedibile a chi ha formalizzato la domanda prima del 5 ottobre 2018? – 5.3. Natura costituzionale del diritto alla protezione umanitaria. Che succederà ai richiedenti protezione post 5 ottobre 2018? Eccezioni di incostituzionalità e cause per l’asilo costituzionale.

 

Per scaricare la sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 29460/2019, clicca su “apri allegato”.

1. L’abrogazione del riferimento agli «obblighi costituzionali e internazionali dello Stato italiano» sulla cui base veniva rilasciato il permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il d.l. 4 ottobre 2018, n. 113 (c.d. decreto sicurezza)[2], poi convertito con modificazioni nella l. 1 dicembre 2018[3], assecondando una vulgata sull’abuso di una protezione[4], e cioè della c.d. protezione umanitaria, interviene a gamba tesa abrogandola. Per meglio dire: abrogando ogni riferimento contenuto nel testo unico immigrazione (T.U.I.) al permesso di soggiorno per motivi umanitari (art. 5, c. 6) e da tutte le altre disposizioni normative e regolamentari, in particolare dall’art. 32, c. 3, del d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25[5], secondo il quale la Commissione territoriale nei casi in cui non accoglie la domanda di protezione internazionale ma ritenga che possano sussistere gravi motivi di carattere umanitario trasmette gli atti al questore per il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 5, comma 6, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286[6].

Il legislatore della novella del 2018 riteneva tale protezione dai contorni incerti, così lasciando «[…] ampi margini ad una interpretazione estensiva in contrasto con il fine di tutela temporanea di esigenze di carattere umanitario per il quale l’istituto è stato introdotto nell’ordinamento»[7].

La vera ragione dell’intervento era per porre freno al (ritenuto) aumento del numero di coloro che beneficiavano della protezione umanitaria a confronto con il resto dei paesi europei dove tale protezione (si sosteneva) non esiste[8]. Implicitamente si riteneva che l’esistenza di una tale protezione costituisse un c.d. “pull factor” (cioè un fattore di attrazione) per i profughi.

Il d.l. 4 ottobre 2018, n. 113 (c.d. decreto sicurezza), poi convertito con modificazioni nella l. 1 dicembre 2018, assecondando una vulgata sull’abuso di una protezione, e cioè della c.d. protezione umanitaria, interviene a gamba tesa abrogandola […]. La vera ragione dell’intervento era per porre freno al (ritenuto) aumento del numero di coloro che beneficiavano della protezione umanitaria a confronto con il resto dei paesi europei dove tale protezione (si sosteneva) non esiste

Ancora prima dell’abrogazione il Ministero dell’interno si era affrettato – con circolare 4 luglio 2018[9] – a invitare le Commissioni territoriali (di nuova e fresca nomina) a ridurre sostanzialmente il riconoscimento dei “gravi motivi di carattere umanitario” sulla base di una «necessaria rigorosità dell’esame delle circostanze di vulnerabilità degne di tutela che, ovviamente, non possono essere riconducibili a mere e generiche condizioni di difficoltà».

Con il d.l. 113/2018, intervenuto il successivo 4 ottobre, il legislatore, nell’optare per l’abrogazione dei riferimenti alla protezione umanitaria, introduce nuove ipotesi di titoli di soggiorno che, a  suo avviso, devono sostituire il catalogo “aperto” della “vecchia” protezione umanitaria (restringendone nei fatti drasticamente la portata) e cioè il permesso di soggiorno per calamità naturale (nuovo art. 20-bis T.U.I.), il permesso di soggiorno per atti di particolare valore civile (nuovo art. 42-bis T.U.I.) e il permesso di soggiorno per cure mediche (nuova lettera d-bis) dell’art. 19, c. 2, T.U.I. Queste nuove tipologie di permessi di soggiorno si vanno a sommare ai restanti titoli riconducibili a esigenze umanitarie (a favore delle vittime di violenza domestica, art. 18 bis, T.U.I.; delle vittime di sfruttamento lavorativo, art. 22, c. 12 quater, T.U.I.; dei permessi in favore dei minori, artt. 28, lett. a-b d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394[10] e 31 T.U.I.). Accanto a queste ipotesi viene introdotta la nuova forma di protezione, c.d. speciale, da riconoscersi da parte delle Commissioni territoriali (che trasmettono gli atti al questore per il relativo permesso) qualora non accolgano la domanda di protezione internazionale, ma comunque sussistano i presupposti previsti dall’art. 19, commi 1 e 1.1. T.U.I. (divieto di espulsione, espressione del divieto di refoulement). Il permesso per protezione speciale ha la durata di un anno ed è rinnovabile, previo parere della competente Commissione territoriale, ma non consente la conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

2. La protezione umanitaria è espressione del diritto di asilo costituzionale?

Molte le preoccupazioni per la scelta di abrogazione della protezione umanitaria, espressione del diritto di asilo costituzionale, previsto dall’art. 10, comma 3, della nostra carta, del quale si attende la completa attuazione da settant’anni.

La dottrina ha spesso messo in evidenza che sebbene sia necessario dare completa attuazione al diritto di asilo costituzionale esso ha comunque natura di diritto soggettivo[11]. Si è correttamente sostenuto che le protezioni c.d. maggiori – status di rifugiato politico ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951 e protezione sussidiaria introdotta nel 2011 dal diritto dell’Unione europea – non esaurivano in Italia la gamma di protezioni discendenti direttamente dalla norma costituzionale, avente una portata più ampia in quanto afferma che «lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge».

Anche la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, prima della sentenza in commento, si è espressa in tal senso, con la fondamentale pronuncia n. 4674/97, dove si afferma il carattere «precettivo e la conseguente immediata operatività della disposizione costituzionale», la quale «fa sorgere in capo allo straniero il diritto d’asilo individuando nell’impedimento all’esercizio delle libertà democratiche la causa di giustificazione del diritto ed indicando l’effettività quale criterio di accertamento della situazione ipotizzata»[12].

Da ultimo altre sentenze di Cassazione hanno stabilito che il diritto d’asilo ex art. 10, comma 3, Costituzione è oggi «interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste nei tre istituti di protezione ad opera della esaustiva normativa di cui al d.lgs.251/2007 (adottato in attuazione della direttiva 2004/83/CE) e dell’art. 5, comma 6, del TU approvato con d.lgs. 286/98, sì ché non si scorge alcun margine di residuale diretta applicazione della norma costituzionale»[13].

Tuttavia in assenza di una precisa definizione di protezione umanitaria a livello normativo – ma solo di un generico riferimento agli «obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano» (contenuto nell’art. 5, c. 6, d.lgs. 286/98) – inevitabilmente la sua declinazione concreta era, ed è, riservata al giurista.

In assenza di una precisa definizione di protezione umanitaria a livello normativo – ma solo di un generico riferimento agli «obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano» (contenuto nell’art. 5, c. 6, d.lgs. 286/98) – inevitabilmente la sua declinazione concreta era, ed è, riservata al giurista

Interprete massimo delle sopra richiamate preoccupazioni è stato il Presidente della Repubblica che con messaggio del 4 ottobre 2018, rivolto al Presidente del Consiglio, così si è espresso: «Signor Presidente, in data odierna ho emanato il decreto legge recante: “Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”. Al riguardo avverto l’obbligo di sottolineare che, in materia, come affermato nella Relazione di accompagnamento al decreto, restano “fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato”, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo, e, in particolare, quanto direttamente disposto dall’art. 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall’Italia»[14]. Anche il Parere sul decreto-legge c.d. “sicurezza” dell’Associazione Nazionale Magistrati in merito al diritto di asilo costituzionale si esprime in una tale direzione[15].

3. La portata della protezione umanitaria prima della sua abrogazione. Integrazione sociale, condizioni di vulnerabilità e compromissione dei diritti umani fondamentali in caso di rimpatrio: la necessità di una “valutazione comparativa” (sentenza Cassazione, sez. 1 civ., 4455/2018).

Con riferimento alla portata della “vecchia umanitaria” il poderoso dibattito in seno alla giurisprudenza si è concentrato sulla questione circa quanto possa ritenersi rilevante al fine della sua concessione l’integrazione sociale del richiedente asilo.  Molte le oscillazioni dei tribunali e, soprattutto, delle corti d’appello su quanto l’integrazione sociale del richiedente protezione, soprattutto nei casi di migranti che hanno trovato occupazione nelle more della definizione del procedimento di asilo, fosse rilevante ai fini della determinazione della vulnerabilità individuale sulla cui base concedere la protezione umanitaria[16].

Sul punto ha segnato uno spartiacque la sentenza della Corte di Cassazione, sezione 1 civile, n. 4455/2018 (est. Acierno)[17].

I giudici di legittimità hanno, qui, ridefinito i criteri interpretativi in materia di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari affermando «in modo netto che l’integrazione sociale è uno dei motivi che concorrono a determinare la situazione di vulnerabilità rilevante ai fini del riconoscimento» di un tale permesso[18].

Ma, continua la Corte, «il riconoscimento della protezione umanitaria […] non può escludere l’esame specifico ed attuale della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, dovendosi fondare su una valutazione comparativa effettiva tra i due piani» (il primo è quello dell’integrazione sociale) «al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile, costitutivo dello statuto della dignità personale, in comparazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza» (così sentenza).

Ai fini della determinazione della vulnerabilità individuale sulla cui base concedere la protezione umanitaria […] ha segnato uno spartiacque la sentenza della Corte di Cassazione, sezione 1 civile, n. 4455/2018 (est. Acierno).  I giudici di legittimità hanno, qui, ridefinito i criteri interpretativi in materia di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari affermando «in modo netto che l’integrazione sociale è uno dei motivi che concorrono a determinare la situazione di vulnerabilità rilevante ai fini del riconoscimento» di un tale permesso

Si pone in rilievo la necessità di bilanciare l’integrazione lavorativa, e più in generale sociale e familiare, raggiunta dal migrante in Italia con la privazione dei diritti fondamentali che un suo allontanamento verso il paese d’origine comporterebbe, anche con riferimento a condizioni di estrema povertà o ambientale o a motivi di salute. Tutti questi ultimi sono elementi che «possono utilmente nutrire la fattispecie aperta della protezione umanitaria» a condizione che essi «siano valutati in concreto, non essendo sufficiente dimostrare l’esistenza di condizioni di vita migliori nel paese d’accoglienza» dovendo «dimostrare che la persona che invoca la protezione umanitaria si sia allontanata “da una condizione di vulnerabilità effettiva, sotto il profilo specifico della violazione o dell’impedimento all’esercizio dei diritti umani inalienabili” ai quali sarebbe nuovamente esposta se la protezione non fosse riconosciuta e fosse così allontanata verso il paese d’origine (punto 5 della sentenza)»[19].

4. Il regime transitorio dopo l’entrata in vigore del d.l. sicurezza.

La novella prevede solo due norme espressamente riferibili al regime transitorio.

Secondo l’articolo 1, comma 8, del d.l. sicurezza, i “vecchi” permessi di soggiorno per motivi umanitari restano validi fino alla scadenza, salva la possibilità di conversione in altro titolo; ma una volta scaduti non potranno essere più rinnovati, ferma restando la possibilità di vedersi riconoscere il permesso per protezione speciale se sussistente un rischio di persecuzione o di tortura ex art. 19, commi 1 e 1.1 T.U.I.

Secondo il successivo comma 9, nelle situazioni per le quali le Commissioni territoriali abbiano già ritenuto la sussistenza di gravi motivi di carattere umanitario dovrà essere rilasciato un permesso di soggiorno “per casi speciali” della durata di due anni, convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, alla scadenza del quale (se non convertito) si applicherà la disciplina prevista nell’ipotesi precedente (c. 8).

Dubbi interpretativi sono sorti, da subito, sui limiti di applicazione del d.l. 113/2018, in assenza di una deroga generale al principio d’irretroattività di cui all’art. 11 delle preleggi[20].

Nella pratica ci si è chiesti se la “vecchia” protezione umanitaria potesse essere ancora essere riconosciuta alle seguenti situazioni transitorie:

a) a coloro che pur essendo giunti in Italia prima del 5 ottobre 2018 non avessero ancora formalizzato la domanda di protezione internazionale e, in subordine, di protezione umanitaria;
b) a coloro che avessero formalizzato la domanda ma che non fossero ancora stati sentiti dalle Commissioni territoriali;
c) a coloro che, denegati sul punto dalle Commissioni territoriali, avessero impugnato la decisione e fossero in corso di giudizio.

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Si trattava, dunque, di molte situazioni ancora aperte, destinate a una totale incertezza giuridica, sebbene l’orientamento della parte preponderante della giurisprudenza di merito optasse già per l’irretroattività della novella.

Il contrasto tra l’orientamento dei giudici di legittimità che propendeva per l’irretroattività[21] e quello di chi deponeva per la retroattività si è cristallizzato con l’ordinanza interlocutoria del 3 maggio 2019 n. 11750[22], con la quale è stata sottoposta al Primo Presidente della Suprema Corte l’opportunità di demandare alle sezioni unite la cognizione sia della questione sul regime intertemporale applicabile sia della portata della “vecchia” umanitaria. Su tali nodi interpretativi sono così state interpellate le sezioni unite che si sono espresse con la sentenza 29460/2019.

5. La sentenza 29460/2019 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite: una “cassetta per gli attrezzi”.

5.1. La novella è irretroattiva.

Si parte dalla constatazione che «quel che il divieto di irretroattività garantisce è il divieto di modificazione della rilevanza giuridica dei fatti che già si siano compiutamente verificati […]» e che il procedimento volto al riconoscimento della protezione umanitaria «non indice affatto sull’insorgenza del diritto, che, se sussistente, è pieno e perfetto e nelle forme del procedimento è soltanto accertato […]».

Ancora: «il diritto sorge quando si verifica la situazione di vulnerabilità quale sussumibile nella fattispecie allora vigente e irrilevante è che esso non comporti il riconoscimento di uno status, ma una protezione umanitaria»[23].

Per le sezioni unite «al momento della decisione devono sussistere i presupposti di fatto per l’accoglimento della domanda, ossia deve risultare la fondatezza di essa; ma in virtù dell’irretroattività della novella, è salvaguardato il diritto che la rilevanza giuridica di tali fatti risponda alle norme previgenti»[24].

Richiamando la consolidata giurisprudenza proprio delle sezioni unite i giudici ribadiscono che «la situazione giuridica soggettiva dello straniero nei confronti del quale sussistano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria ha natura di diritto soggettivo, da annoverarsi tra i diritti umani fondamentali garantiti dagli artt. 2 Cost. e 3 della convezione europea dei diritti dell’uomo»[25].

Ciò premesso la sentenza chiarisce che è con la domanda in sede amministrativa «che il titolare del diritto esprime il bisogno di tutela» e che «benché il diritto d’asilo nasca quando il richiedente faccia ingresso in Italia in condizioni di vulnerabilità che mettano a repentaglio l’esercizio dei propri diritti fondamentali, è la presentazione della domanda che identifica e attrae il regime normativo della protezione per ragioni umanitarie da applicare»[26].

La situazione giuridica soggettiva dello straniero nei confronti del quale sussistano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria ha natura di diritto soggettivo, da annoverarsi tra i diritti umani fondamentali garantiti dagli artt. 2 Cost. e 3 della convezione europea dei diritti dell’uomo

 

Cass. civ., Sez. Un., n. 29460/2019

Se, dunque, è la presentazione della domanda a cristallizzare il diritto soggettivo da accertare, vengono così chiariti i dubbi se dovesse valere la compilazione del c.d. “modello C3” da parte del richiedente o l’atto di formalizzazione della domanda in Questura, circostanza quest’ultima che spesso non coincide con l’adempimento della compilazione di detto modello (che è spesso successivo al primo anche di molti mesi).

Altro importante chiarimento riguarda la possibilità di ritenere sussistenti i gravi motivi di carattere umanitario anche nei casi in cui l’accertamento sia comunque in itinere. Per i giudici delle sezioni unite la risposta è affermativa e, dunque, anche qualora tali motivi siano riconosciuti dalle commissioni territoriali dopo l’entrata in vigore della novella o a seguito di giudizio – pendente o intrapreso dopo l’entrata in vigore della stessa e riguardante una domanda formalizzata prima del 5 ottobre 2018 –, dovrà applicarsi la norma transitoria di cui all’art. 1, comma 9, e quindi rilasciarsi un permesso di soggiorno “per casi speciali”.

Cosa ne sarà allora delle decisioni delle commissioni territoriali post 5 ottobre 2018, in tutti quei casi di richiedenti che hanno formalizzato la domanda di protezione pre 5 ottobre ma che si sono visti respingere l’umanitaria perché ritenuta non più applicabile? Mentre si attendono lumi dalla Commissione nazionale per il diritto d’asilo (in merito all’attuazione della sentenza in commento), bisognerà presentare richieste da indirizzarsi alle commissioni territoriali volte a promuovere un riesame in autotutela della decisione negativa sul punto del riconoscimento umanitaria negato.

 

5.2. Come va interpretata la “vecchia” protezione umanitaria ancora concedibile a chi ha formalizzato la domanda prima del 5 ottobre 2018?

Qui le sezioni unite richiamano integralmente l’interpretazione maggioritaria espressa compiutamente dalla sentenza 4455/2019[27] e cioè che «in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedete con riferimento al paese d’origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese d’accoglienza».

L’esatta portata di questa valutazione comparativa non si esaurirà ancora per diverso tempo e subirà ancora inevitabili oscillazioni stante l’evidente margine di interpretazione con riferimento al caso concreto.

 

5.3. Natura costituzionale del diritto alla protezione umanitaria. Che succederà ai richiedenti protezione post 5 ottobre 2018? Eccezioni di incostituzionalità e cause per l’asilo costituzionale.

L’interrogativo più forte si incentra sul destino dei richiedenti post 5 ottobre 2018, perché a una attenta lettura della sentenza delle sezioni unite si desumono importanti considerazioni che rilanciano la questione della possibile incostituzionalità dell’abrogazione dell’umanitaria.

Vanno messe in rilievo le seguenti affermazioni contenute nella sentenza in commento:

  • «tutte le protezioni sono quindi ascrivibili all’area dei diritti fondamentali, sia quelle maggiori (ossia il riconoscimento dello status di rifugiato e la protezione sussidiaria), sia quella, residuale e temporanea, per ragioni umanitarie (in termini, tra varie, Cass., sez. un., 12 dicembre 2018, n. 32177 e 11 dicembre 2018, nn. 32045 e 32044»[28];
  • «se ne legge conferma, pure da ultimo, nella giurisprudenza costituzionale, secondo la quale la protezione umanitaria, insieme con la tutela dei rifugiati e la protezione sussidiaria, attua il diritto di asilo costituzionale ex 10, comma 3, Cost. (Corte Cost. 24 luglio 2019, n. 194). Il che vale anche per i nuovi istituti, l’interpretazione e l’applicazione dei quali devono rispettare la Costituzione e i vincoli internazionali, nonostante l’intervenuta abrogazione dell’esplicito riferimento agli “obblighi costituzionali e internazionali dello Stato italiano” precedentemente contenuto nell’art. 5, comma 6, del t.u. immigrazione (così ancora Corte Cost. n. 194/19)»[29];
  • «il diritto di asilo scaturisce direttamente dal precetto costituzionale e si colloca, come ha osservato sin da epoca risalente autorevole dottrina, in seno all’apertura amplissima della Costituzione verso i diritti fondamentali dell’uomo»[30].
  • «il diritto d’asilo è quindi costruito come diritto della personalità, posto a presidio di interessi essenziali della persona e non può recedere al cospetto dello straniero bisognoso di aiuto, che, allegando motivi umanitari, invochi il diritto di solidarietà sociale: i diritti fondamentali dell’uomo spettano ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto essere umani, sicché la condizione giuridica dello straniero non può essere considerata ragione di trattamenti diversificati e peggiorativi (Corte cost. 10 aprile 2001, n. 105; 8 luglio 2010, n. 249)»[31].

Da questo insieme di affermazioni sorge spontanea la seguente domanda: se le situazioni che prima rientravano nella “vecchia” umanitaria oggi risultano sprovviste di tutela – a meno di non voler tentare di farle ricomprendere nelle protezioni c.d. maggiori (status di rifugiato di titolare di protezione sussidiaria) o in quella c.d. speciale, forzandone evidentemente l’interpretazione – l’abrogazione dell’umanitaria determina un vulnus all’art. 10, comma 3, Costituzione.  I richiamati argomenti delle sezioni unite depongono in questo senso.

D’altra parte la Corte Costituzionale, con la sentenza 194/2019[32], sopra richiamata, nel rigettare il ricorso in via principale sollevato da alcune Regioni su alcuni profili del decreto legge 113/2019, al punto 7 in “diritto” non esclude l’incostituzionalità della nuova disciplina dei permessi di soggiorni introdotti al posto della “vecchia” umanitaria, se essa venisse adita in via incidentale.

La Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale, in questo proficuo dialogo, ci sollecitano dunque a sollevare eccezioni di incostituzionalità del d.l. sicurezza, nei termini sopra descritti, per dare massima tutela ai richiedenti protezione vulnerabili rimasti sprovvisti della garanzia dell’umanitaria.

Strada parallela – ma ugualmente importante – è quella di adire i tribunali ordinari chiedendo il riconoscimento diretto del diritto di asilo costituzionale, a tutela dei migranti vulnerabili colpiti dall’abrogazione dell’umanitaria, riprendendo la strada intrapresa tra la fine degli anni Novanta e i primi del nuovo secolo. Con ciò invocando la natura immediatamente precettiva dell’art. 10, c. 3, della Costituzione e mettendo in rilievo, caso per caso, l’effettivo impedimento di una specifica libertà democratica garantita dalla nostra carta ma conculcata, in concreto, a quella specifica persona migrante nel paese da cui è in fuga.

La Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale, in questo proficuo dialogo, ci sollecitano dunque a sollevare eccezioni di incostituzionalità del d.l. sicurezza […], per dare massima tutela ai richiedenti protezione vulnerabili rimasti sprovvisti della garanzia dell’umanitaria. Strada parallela – ma ugualmente importante – è quella di adire i tribunali ordinari chiedendo il riconoscimento diretto del diritto di asilo costituzionale, a tutela dei migranti vulnerabili colpiti dall’abrogazione dell’umanitaria

In conclusione ho qui indicato varie tutele compresenti dopo la sentenza in commento: l’estensione del regime temporale della “vecchia” protezione umanitaria, la possibilità di ripristinare la protezione umanitaria anche per chi è arrivato dopo il 5 ottobre tramite intervento della Corte Costituzionale ovvero quella di adire i tribunali per l’accertamento del diritti di asilo costituzionale.


 

[1] A. Leogrande, La frontiera, Feltrinelli Editore, 2017.

[2] Recante Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

[3] Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, recante disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Delega al Governo in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate.

[4] L’argomento è stato molto cavalcato dalle forze politiche di centro destra e dalla Lega nel corso della campagna elettorale della primavera 2018. Cfr. A. Gagliardi, Migranti, in crescita i permessi di soggiorno per protezione umanitaria, in ilsole24.com, 10 aprile 2018.

[5] Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.

[6] Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (testo unico immigrazione – T.U.I.).

[7] Cfr. sentenza in commento, p. 4, che richiama la Relazione di accompagnamento del decreto, p. 3.

[8] Tale protezione è presente, con altri nomi, anche in altri paesi europei, come in Slovacchia. Sul tema cfr. Cos’è la “protezione umanitaria”, in ilpost.it, 25 settembre 2018. Secondo la sentenza in commento «la scelta italiana di garantire una terza forma di tutela complementare alle due protezione maggiori riconosciute dal diritto unionale trova d’altronde legittimazione – anche – nel sistema europeo: la direttiva n. 2008/115/CE (c.d. direttiva sui rimpatri) stabilisce (art. 6, par. 4) che “in qualsiasi momento gli Stati membri possono decidere di rilasciare per motivi caritatevoli, umanitari o di altra natura un permesso di soggiorno autonomo o di un’altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare a un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare […]”» (p. 15).

[9] Ministero dell’interno, circolare n. prot. 0008819 del 4 luglio 2018, avente per oggetto “il riconoscimento della protezione internazionale e la tutela umanitaria”. Cfr. anche Cos’è la protezione umanitaria e perché Salvini vuole ridurne l’uso, in Internazionale.it, 10 luglio 2018.

[10] Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[11] Cfr. P. Bonetti, Profili generali e costituzionali del diritto d’asilo nell’ordinamento italiano, in B. Nascimbene (a cura di), Diritto degli stranieri, Cedam, 2004, pp. 1136 ss.

[12] ICass. civ., 26 maggio 1997, n. 4674.

[13] Cfr. sentenze Cass. civ., sez. 1, n. 10686/2012, n. 16362/2016, n. 28015/2017.

[14] Cfr. Decreto sicurezza, Mattarella firma e scrive a Conte: “sui migranti rispettare la Costituzione”, in ilsole24ore.com, 4 ottobre 2018.

[15] Cfr., Parere sul decreto legge 113 del 4 ottobre 2018 in materia di protezione internazionale, immigrazione e pubblica sicurezza, sul sito web del CSM, 21 novembre 2018.

[16] Tra le tante sentenze della giurisprudenza di merito, si v. Corte d’Appello di Milano, Sezione delle persone, dei minori e della famiglia, n. 231/2018, pubblicata il 17/1/2018, R.G. n. 3395/2015, che evidenzia che nel caso di specie sussistono i presupposti per il rilascio al richiedente di un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie in quanto «il rientro dell’appellante in Mali (..) esporrebbe lo stesso ad una situazione di rilevante vulnerabilità, sia per l’instabilità politica e sociale della zona di provenienza, sia per la perdita del lavoro in Italia e la mancanza in Bamako di un lavoro che gli consenta di provvedere al mantenimento della sua famiglia, dopo tanti anni di assenza dalla zona di provenienza». Per una completa disamina sulla protezione umanitaria si v. N. Zorzella, La protezione umanitaria nel sistema giuridico italiano, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, fasc. n. 1/2018, pp. 1 ss.

[17] Cass. civ., sez. 1, 23/02/2018, (ud. 30/11/2017, dep. 23/02/2018), n. 4455.

[18] Così si esprime sulla richiamata sentenza C. Favilli, La protezione umanitaria per motivi di integrazione sociale. Prime riflessioni a margine della sentenza della Corte di Cassazione n. 4455/2018, in questionegiustizia.it., 14 marzo 2018.

[19] Idem, p. 2.

[20] Cfr. documento degli Osservatori sulla giustizia civile, coordinamento nazionale 1 dicembre 2018, Bologna, L’efficacia intertemporale dell’art. 1 D.L. 1134/2018 convertito con L. 132/2018 in tema di protezione umanitaria.

[21] Orientamento decisamente maggioritario a partire dalla prima sentenza in tal senso, Cass. civ., sez. 1, n. 4890/2019 (pubblicata in questionegiustizia.it, 19 febbraio 2019), ma si v. tutte quelle citate nella sentenza in commento a p. 7

[22] Il testo dell’ordinanza è disponibile a questo link.

[23] «Sent. in commento, p. 11.

[24] Ibidem.

[25] Ibidem.

[26] Idem, pp. 16-17.

[27] V. supra, par. 3.

[28] Sent. in commento, pp. 12-13.

[29] Idem, p. 13.

[30] Ibidem.

[31] Idem, pp. 13-14.

[32] Corte Costituzionale, Giudizio di legittimità costituzionale in via principale; c.c. 18/6/2019; decisione 20/2/2019; deposito 24/7/2019.

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