«Un grande matematico, Stefan Banach, diceva che i bravi matematici sono capaci di cogliere le analogie. Lo stesso vale per i giuristi».
Anche il bravo giurista è capace di cogliere le analogie, e per farlo, naturalmente, è fondamentale che possieda in primo luogo il sapere tecnico. Ma non è sufficiente.
«Per accorgersi delle analogie il giurista non può accontentarsi delle regole interne alla disciplina di cui si occupa. È necessario dall’esterno, queste regole, in modo da coglierne con distacco la natura e i limiti».
Un giurista deve – e sottolineo deve – dedicare una cospicua parte del proprio tempo a cose che con il diritto, all’apparenza, non c’entrano nulla: leggere buoni romanzi, vedere buon cinema, anche buona televisione. Insomma nutrirsi di buone storie. Perché deve, si potrebbe legittimamente chiedere? Perché è l’arte del racconto a ricordarci come non esista una sola risposta di fronte ai dilemmi umani. Essi sono inevitabilmente ambigui. I personaggi dei buoni romanzi, dei buoni film, rappresentano i diversi punti di vista sul reale.