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26.01.2022
Paolo Oddi

Tenere la rotta

Riflessioni a margine di C. Siccardi, “I diritti costituzionali dei migranti in viaggio. Sulle rotte del Mediterraneo”

Fascicolo 1/2022

Mai come oggi sono necessari strumenti qualificati volti a supportare legali ed operatori (del diritto e non) chiamati a misurarsi con le migrazioni. A fronte della complessità del fenomeno e dell’urgenza di presidiare diritti fondamentali ma fragili, va in questa direzione il bel volume di Cecilia Siccardi dal titolo “I diritti costituzionali dei migranti in viaggio. Sulle rotte del Mediterraneo” (Editoriale Scientifica, Napoli 2021).

Sono di questi giorni le tragiche notizie provenienti dalle frontiere esterne dell’Unione europea, di profughi intrappolati nel gelo delle foreste tra Polonia e Bielorussia[1] e di altri migranti sommersi e salvati nel canale di Sicilia. La stampa ha reso noto il caso di un drammatico recente soccorso di novantanove sopravvissuti a un naufragio, operato dalla Geo Barents (la nave di Medici senza frontiere) su un affollato barcone alla deriva in acque internazionali davanti alla Libia occidentale, sul fondo del quale sono stati rinvenuti dieci cadaveri di persone, probabilmente asfissiate durante il viaggio[2]. Gli sbarchi sono continuati nei giorni di Natale e anche ora, mentre scrivo, centinaia di persone messe in salvo dalle organizzazioni non governative attendono l’assegnazione di un porto sicuro[3].

Il viaggio dei migranti, dalla partenza sino allo (spesso fortunoso) sbarco in Italia, è al centro di questo lavoro. Il viaggio attraverso la tristemente nota “rotta mediterranea”. Molte delle questioni giuridiche affrontate dall’autrice, assegnista di ricerca in diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Milano, sono rilevanti per ognuna delle persone in viaggio e costituiscono, per così dire, il bagaglio di ciascuna. Il volume è anche un itinerario utile al giurista per fare chiarezza in una disciplina assai ingarbugliata, costituita da una molteplicità di fonti sovranazionali e interne, direttive, regolamenti, circolari, prassi operative, interpretazioni giurisprudenziali e indirizzi politici. La gran parte di questi strumenti, variamente normati, è tesa ad arginare – sottolinea Siccardi – le persone in movimento verso l’Unione europea.

Il viaggio dei migranti, dalla partenza sino allo (spesso fortunoso) sbarco in Italia, è al centro di questo lavoro. Il viaggio attraverso la tristemente nota “rotta mediterranea”. Molte delle questioni giuridiche affrontate dall’autrice […] sono rilevanti per ognuna delle persone in viaggio e costituiscono, per così dire, il bagaglio di ciascuna

Si tratta di c.d. “flussi misti”, nei quali diventa sempre più difficile distinguere tra chi fugge per chiedere protezione e chi si sposta per ragioni lavorative, in cerca di un futuro migliore. Il volume si snoda, dunque, dalla partenza dai Paesi d’origine, alla condizione nei c.d. Paesi di transito, per svilupparsi attraverso le tappe successive del viaggio, e cioè la traversata del Mediterraneo, sino all’approdo alla frontiera italiana. Infine, un focus su coloro che presentano richiesta di protezione internazionale e che sono accolti nel territorio dello Stato in attesa dell’esito del procedimento di esame della domanda.

Il faro che “ci” deve guidare è rappresentato, secondo l’autrice, dalla Costituzione italiana, la cui disposizione sul diritto di asilo (articolo 10 comma 3) ha una portata molto ampia ed è cardine del sistema integrato (tra i vari livelli internazionali e interni) di protezione dei diritti umani. Sebbene essa affermi solennemente che «hanno diritto di asilo nel territorio della Repubblica gli stranieri ai quali viene impedito nel Paese d’origine l’effettivo esercizio delle libertà democratiche» garantite dalla Costituzione stessa, secondo Siccardi assistiamo a uno dei «paradossi più evidenti del diritto costituzionale attuale» ovvero l’impossibilità «di raggiungere in modo regolare e sicuro il territorio della Repubblica al fine di chiedere protezione». In assenza di canali sicuri di ingresso le persone sono costrette a «lunghi e impervi viaggi in modo irregolare, sperando di giungere alla frontiera italiana per chiedere asilo».

Sebbene [la Costituzione] affermi solennemente che «hanno diritto di asilo nel territorio della Repubblica gli stranieri ai quali viene impedito nel Paese d’origine l’effettivo esercizio delle libertà democratiche» garantite dalla Costituzione stessa, secondo Siccardi assistiamo a uno dei «paradossi più evidenti del diritto costituzionale attuale» ovvero l’impossibilità «di raggiungere in modo regolare e sicuro il territorio della Repubblica al fine di chiedere protezione»

Molto calzante, in proposito, il richiamo a recenti pronunce del Tribunale di Roma che accertano il diritto all’ingresso per chiedere asilo.

È del 12 febbraio 2019 l’ordinanza che – a seguito di un procedimento di urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c. – accoglie la domanda di una madre nigeriana volta a ottenere il rilascio di un visto per motivi umanitari al figlio minore, trattenuto in Libia in precarie condizioni di salute. Basandosi sull’art. 25 par. 1 lettera a) del Codice europeo dei visti (che disciplina il c.d. “visto umanitario”)[4], il Tribunale valorizza la particolare situazione di vulnerabilità del minore e, seppur non citando espressamente l’art. 10 comma 3 Costituzione, afferma: «sembra evidente che il diritto di ingresso in Italia discenda dalla consapevolezza che il minore si ritrovi in una situazione di impedimento dell’esercizio di libertà democratiche sancite dalla Costituzione italiana»[5].

Con un’altra sentenza del 28 novembre 2019, n. 22917, il medesimo tribunale si esprime sul caso di quattordici cittadini eritrei – parte di un più ampio gruppo di persone soccorso dalla marina militare italiana nel giugno 2009 ma riconsegnato immediatamente ai libici – i quali si sono rivolti all’autorità giudiziaria sia per accertare e dichiarare la responsabilità dell’amministrazione per fatto illecito – e il conseguente diritto al risarcimento del danno –, sia per sancire il diritto di ingresso nel territorio dello Stato al fine di presentare domanda di asilo. Nell’accogliere entrambe le domande, ripercorrendo i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in materia, il Tribunale di Roma giunge ad affermare che nel caso in cui «un richiedente protezione internazionale non possa presentare la relativa domanda sul territorio italiano per circostanze allo stesso non imputabili ed anzi riconducibili ad un fatto illecito commesso dall’autorità italiana, non appare conforme ai principi sopra richiamati limitare il diritto pieno e perfetto a richiedere protezione».

E ancora «si ritiene che il diritto di asilo di cui all’art. 10, 3° comma, Cost. possa essere declinato nei termini di diritto ad accedere nel territorio dello Stato al fine di essere ammesso alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale (in questi termini anche Cassazione (Sez. I civ.), sentenza n. 25028 del 2005)»[6].

Il mondo dell’associazionismo, nel vuoto normativo italiano ed europeo, dal 2015 ha promosso e realizzato alcuni corridoi umanitari – “best practice’”, ricorda Siccardi – che hanno, tuttavia, riguardato sinora solo 1896 persone[7].

Il volume è di grande interesse anche per la ricognizione sul tema dei migranti scomparsi nel Mediterraneo. Qui l’autrice, partendo dall’impressionante dato del numero di vittime stimate dall’OIM (dal 2014 al 2019 sarebbero 19.997), ripercorre lo straordinario lavoro di riconoscimento e di identificazione delle vittime nei naufragi nel canale di Sicilia dei medici legali del centro LABANOF, dell’Università degli Studi di Milano, coordinato dalla Prof.ssa Cristina Cattaneo[8], sottolineando che «non si tratta solo di (ri)dare un nome a un corpo, ma è necessario considerare che, dietro a ogni defunto, vi è generalmente una famiglia che probabilmente non conoscerà mai la sorte del proprio caro»[9].

 «I morti hanno diritti?»: è un interrogativo che «impone riflessioni profonde e complesse su nozioni cruciali per il diritto, come la stessa nozione di capacità giuridica», scrive Siccardi, che richiama i filosofi del diritto, prevalentemente anglosassoni e statunitensi, teorizzatori di una specifica categoria di diritti, i c.d. posthumous rights, ovvero i diritti dei morti[10].

«I morti hanno diritti?»: è un interrogativo che «impone riflessioni profonde e complesse su nozioni cruciali per il diritto, come la stessa nozione di capacità giuridica», scrive Siccardi, che richiama i filosofi del diritto, prevalentemente anglosassoni e statunitensi, teorizzatori di una specifica categoria di diritti, i c.d. posthumous rights, ovvero i diritti dei morti

Ciò che è indiscutibile, continua l’autrice, è come l’ordinamento giuridico protegga alcuni interessi anche dopo la morte, dalle norme in materia di successioni al diritto al sepolcro. Cruciale è anche un altro interrogativo, ovvero se la tutela della dignità valga anche dopo la morte, esplorato dal punto di vista costituzionale e a livello sovranazionale. La mancata identificazione dei corpi dei migranti scomparsi ha sicuramente un forte impatto negativo sulla salute psico-fisica dei viventi, dei familiari delle vittime disperse. E qui viene introdotto il concetto del “right to know”, ovvero la disciplina relativa al diritto a conoscere il destino dei propri cari (the right to know the truth), sia nell’evoluzione del diritto internazionale sia nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo[11].

I capitoli centrali del volume si occupano della tutela dei migranti in mare e in frontiera, temi questi trattati spesso anche sulle pagine della Rivista.

Sulle frontiere si consumano molti abusi e mancano presìdi volti a tutelare i diritti fondamentali delle persone, nel momento in cui sono più vulnerabili, più esposte all’arbitrio.

Le iniziative degli ultimi anni a sostegno della Guardia costiera libica hanno ulteriormente indebolito i diritti dei migranti in mare e resa pressoché impossibile la loro tutela giurisdizionale. Dal Memorandum Italia-Libia al finanziamento a missioni Ue nel Mediterraneo, come la “EUNAVFOR MED operazione Sophia”, gli strumenti messi in campo sembrano finalizzati tutti a «promuovere il c.d. push back da parte della Guardia costiera libica»[12].

«La totale assenza in alto mare di interpreti, associazioni e avvocati esperti impedisce, infatti, ai migranti di far valere argomenti contrari al loro respingimento»: così il Giudice per l’udienza preliminare di Trapani scriveva nel maggio 2019 nella sentenza – richiamata anche nel volume in commento[13] – che assolve due migranti accusati di essersi ribellati per non farsi ricondurre in Libia[14].

L’autrice esamina le varie fasi delle politiche della chiusura dei porti, adottate dai governi italiani tra il 2018 e il 2019, ripercorrendone i casi più emblematici e le relative criticità. Le questioni poste alla base dei processi davanti al Tribunale dei ministri dell’allora Ministro dell’interno, alcuni ancora in corso, sono oggetto di approfondimento, specie riguardo al tema della mancata individuazione del POS (place of safety) che pregiudicava le posizioni individuali dei migranti.

Così la tenuta dei c.d. decreti sicurezza, caratterizzanti quella stagione, viene incrinata dalla magistratura (sia di merito che di legittimità), che – come nel caso di Carola Rackete – ribadisce il dovere di condurre in un porto sicuro i naufraghi soccorsi, in ossequio ai vincoli internazionali e costituzionali dell’Italia[15].

In conclusione, il volume di Cecilia Siccardi offre una stimolante angolatura costituzionale di molti aspetti controversi del diritto degli stranieri e rappresenta un’indispensabile cassetta degli attrezzi per fare fronte ai marosi dei tempi che stiamo vivendo.

 

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[1] V. Bielorussia-Polonia, cosa sta succedendo ai confini dell’Europa, in Save The Children, 9 dicembre 2021. Si veda anche il punto di ASGI sulla situazione ai confini dell’Europa orientale: ASGI sulla situazione ai confini orientali dell’Europa, del 22 novembre 2021.

[2]  V. La nave «Geo Barents» fa rotta su Messina: a bordo i 10 migranti morti, in Il Corriere della Sera, 19 novembre 2021.

[3] V. Ocean Viking ‘dimenticata’ in mare nell’antivigilia di Natale, 114 i migranti a bordo, in Rai News, 23 dicembre 2021.

[4] Cfr. Regolamento (CE) n. 810/2009 del 13 luglio 2009.

[5] Cfr. Tribunale Roma, ordinanza del 12 febbraio 2019, pubblicata sul sito di ASGI il 16 maggio 2019, richiamata dall’autrice a p. 98 del volume in commento.

[6] Qui la sentenza, richiamata dall’A. a p. 99.

[7] I dati sono richiamati dall’A. in nota 212, p. 103.

[8] Il LABANOF è il Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense dell’Università degli Studi di Milano. Si v. C. Cattaneo, Naufraghi senza volto. Dare un nome alle vittime del Mediterraneo, Ed. Raffaello Cortina, 2018. La prof.ssa Cristina Cattaneo si è occupata dell’identificazione dei migranti morti in mare, in particolare dei naufragi di Lampedusa del 3 ottobre 2013 e del 18 aprile 2015.

[9] P. 113.

[10] P. 123.

[11] P. 139.

[12] P. 175.

[13] P. 176.

[14] Così il GUP di Trapani nella sentenza del 23 maggio 2019 (pp. 43-44), che assolse dall’accusa di resistenza a pubblico ufficiale e di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina due migranti, un ghanese e un sudanese, che si opposero fermamente ad essere ricondotti in Libia, riconoscendo in loro favore la scriminante della legittima difesa – sentenza confermata dalla Suprema Corte di Cassazione in data 16 dicembre 2021. Si veda, in questa rivista, I “facinorosi” assolti, 6 giugno 2019.

[15] Mi sia consentito rinviare a P. Oddi, Soccorrere è un dovere. Commento e riflessioni sull’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di Agrigento sul caso Sea Watch 3 (Carola Rackete), 10 luglio 2019. Di recente il Tribunale di Agrigento ha definitivamente archiviato tutte le accuse a carico di Carola Rackete con gli stessi argomenti dell’ordinanza di non convalida dell’arresto, confermati in Cassazione. Si v. Migranti, il gip di Agrigento archivia l’inchiesta su Carola Rackete, in Il Dubbio, 24 dicembre 2021.

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